Un’indagine commissionata da Sistema Moda Italia ad Astra Ricerche fotografa le ripercussione che la crisi internazionale del 2008-2009 ha avuto sul tessile-abbigliamento italiano e sul sentiment degli imprenditori.
La ricerca, ha anticipato oggi alla stampa il presidente Michele Tronconi, “nasce dall’esigenza di rimettersi in ascolto e non dare per scontate le esigenze della base”: il report finale verrà presentato durante l’assemblea di venerdì prossimo, insieme alle prime indicazioni della nuova vision di settore per costruire la ripresa.
Enrico Finzi di Astra ha illustrato i punti salienti dell’analisi - che tra interviste personali e via web ha coinvolto quasi 300 operatori - evidenziando una situazione ancora molto difficile a fronte di cali di fatturato, tracollo dei profitti, quando non addirittura perdite, diffuso ricorso alla cassa integrazione e in parte a licenziamenti, chiusura (avvenuta o prevista) di aziende, inasprimento della competizione internazionale, aumento dei costi delle materie prime, impossibilità di ulteriori recuperi di efficienza. Uno stato di cose che secondo gli industriali durerà per tutto il 2010, con una progressiva uscita entro il 2013.
Gli imprenditori percepiscono con chiarezza l’indebolimento strutturale del settore e tuttavia prevale un ottimismo moderato (i catastrofisti non superano il 17%), che aumenta se si parla del futuro della propria azienda.
Tra i fattori di successo del made in Italy gli intervistati hanno ribadito il ruolo centrale della creatività, seguito nell’ordine dalla forza-lavoro, dall’imprenditorialità, dalla diffusa presenza di eccellenze, da un servizio flessibile, dalla capacità di innovare i processi e dalla presenza di una filiera completa e integrata.
Tra i punti di debolezza sono stati indicati l’inefficienza del sistema-Paese, l’appoggio nullo o carente di Governo e istituzioni, la troppo debole difesa del made in Italy, la riduzione dei profitti e la loro iniqua ripartizione, che penalizza soprattutto le aziende a monte, le difficoltà di accesso al credito, lo scarsissimo peso dell’Italia nel mondo, la crisi irreversibile di molte imprese.
Il 60% degli interpellati ha esaltato il ruolo decisivo delle piccole imprese in quanto vivaio e al tempo stesso garanzia di creatività, qualità, artigianalità, flessibilità e servizio, mentre quando si parla di rapporti tra le due anime del settore, quella a monte e quella a valle, quasi i due terzi del campione segnalano il rischio che quell’unicum mondiale che è la nostra filiera venga definitivamente compromesso dai punti di debolezza sopra indicati. Un settimo degli interpellati auspica quindi un mantenimento del modello italiano ma con un aumento delle forme di collaborazione, soprattutto per fronteggiare la penetrazione di nuovi Paesi e per un presidio diretto della distribuzione.
In conclusione emerge forte da parte degli industriali la richiesta di norme a livello europeo che tutelino il made in Italy, ma anche di misure per rilanciare il tessile-abbigliamento: sgravi sul costo dell’energia, riduzione dell’Irap, del cuneo fiscale e dell’Iva, detraibilità di alcune spese di produzione, incentivi e nuova imputazione a bilancio dei campionari. Punti su cui è stato e sarà cruciale in ruolo di Smi, anche per la sua capacità di fare lobby e “raccontare” alle istituzioni nazionali ed europee la specificità e l’importanza di questo settore.
c.mo.