Nel 2018 i ricavi delle aziende italiane di childrenswear si attestano a 2,98 miliardi di euro: +4,2% in un anno, dal precedente +3,6%.
Come si legge nel report dell’Ufficio studi di Confindustria Moda per Smi-Sistema Moda Italia, il trend beneficia degli incrementi sul fronte export, in aumento dell'8,5%, a 1,2 miliardi (+5,9% nel 2017).
Tuttavia le importazioni fanno un balzo in avanti vistoso (+10,4%, a quasi 2 miliardi, dal precedente +0,6%), peggiorando il saldo negativo della bilancia commerciale negativo (-777 milioni di euro, da -685 milioni).
Per quanto riguarda l’abbigliamento per neonati (l’unico per il quale si possono isolare le voci doganali di pertinenza e quindi i flussi commerciali), nel 2018 ha sfiorato i 183 milioni (+24,3%) di esportazioni, grazie soprattutto alle griffe della moda.
Tra le principali destinazioni estere del childrenswear italiano, spicca il Regno Unito, che ha raddoppiato le importazioni, arrivando a una quota del 16,4% dell’export settoriale italiano, contro l'11,2% e il 12% rispettivamente di Germania e Spagna. La Francia segue con una quota del 9,3%.
Relativamente alle vendite sul mercato italiano, nelle rilevazioni di Sita Ricerca per Smi il sell-out del 2018 ha rivelato un calo dell’1,9% a 4,16 miliardi. La flessione è più contenuta rispetto al -3,2% di tutto il tessile-abbigliamento, che conferma come la moda junior sia più al riparo dai fenomeni congiunturali, per via del coinvolgimento emotivo e per via del più breve ciclo di vita dei prodotti.
Più in dettaglio, il segmento bambine (46,5% dei consumi di abbigliamento infantile in Italia) ha accusato un -1,9%, mentre il bambino e il neonato hanno segnato rispettivamente un -2,3% e un -1,3%.
Sulla base delle rilevazioni statistiche, le famiglie italiane prediligono le catene che raggiungono un peso del 49,4% sul totale dei canali distributivi anche se le vendite registrano una diminuzione del 3,8%. La quota del dettaglio indipendente scende all’11%, mentre i ricavi accusano un -5,5%. Gli outlet rappresentano ancora un canale minore (1,3% la quota), ma le vendite salgono del 35,2%, contro il -5,3% del canale online.