Ieri (7 maggio) a Milano al convegno “Dove va lo shopping” si è parlato di comportamenti d’acquisto e scelte dei consumatori tra le diverse polarità commerciali.
Chi non si sintonizzerà con le vere esigenze del mercato pagherà pegno, anche in termini di perdita di spazi. Le insegne più richieste? Zara, Ovs e H&M. Lanciati i Cncc Retail Awards 2015, che verranno consegnati in dicembre.
Hanno suscitato un certo scalpore i risultati della nuova analisi di TradeLab che ha preso in esame varie "polarità" - centri commerciali, retail park, centri storici, outlet center ed e-commerce - attraverso il gradimento dei consumatori, effettuando 3mila interviste a Milano, Roma e Catania. Sempre più "infedeli" e liberi nelle scelte, che comperano dove, come, quando vogliono online e offline.
Per Massimo Moretti, presidente di Cncc, Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, siamo di fronte alla «terza rivoluzione» e per Ermanno Canali, alla guida di Canali & C. (che ha organizzato l’incontro insieme a TradeLab, con il patrocinio del Cncc) «i cambiamenti in atto sono tali e tanti che non basta essere innovativi, bisogna essere visionari».
Dato che ormai tutti (o quasi) usano le varie polarità «è indispensabile trovare una “reason why” tale, per cui un cliente scelga di andare in un negozio invece che in un altro, identificando i punti di forza e di debolezza» premette Luca Pellegrini, presidente di TradeLab.
«È indispensabile poi valutare l’insieme del mercato - aggiunge Pellegrini - perché, più che con i diretti competitor, bisogna fare i conti con Internet che, all’insegna dell’“always available”, oltre a essere sempre disponibile, è anche sovrapponibile all’offerta fisica».
«Certo, nel web manca il contatto fisico e l’offerta è talmente tanta da rischiare di scadere nel “troppo stroppia” - ha precisato il presidente di TradeLab -. È pertanto la strategia omnichannel che avrà la meglio, anche se si stima che questo comporti un surplus del 20-30% di spazio di vendita fisico. E la vera domanda a cui rispondere è chi li lascerà sul campo»
Per quanto riguarda gli shopping center, Maddalena Borella, che ha presentato nel dettaglio la ricerca di TradeLab, ha sfatato uno dei maggiori luoghi comuni legati a questo format, ovvero che venga scelto principalmente per la vicinanza: oltre il 73% degli intervistati non cambierebbe il proprio centro di riferimento, anche se a parità di distanza ne esistessero degli altri. Quasi il 72% si reca qui per fare shopping, il 12% per la food court, il 7% per l’entertainment e il 9% per il benessere.
L’indagine evidenzia anche che il 61% del panel frequenta queste strutture per la galleria commerciale, a conferma della tendenza che vede l’ipermercato non più l’àncora di riferimento. Quasi il 60% degli interpellati preferisce i centri commerciali di grandi dimensioni a quelli piccoli.
Al panel è stato chiesto quali sono le insegne ideali per un centro commerciale, ma anche per un centro urbano, che ne motiverebbero la frequentazione. Nella hit parade spicca al primo posto Zara. A seguire, Ovs, H&M, Célio, Benetton, Motivi, Guess, Max Mara, Desigual e Levi’s. «Ovviamente – ha precisato Borelli – non è detto che gli interpellati conoscano tutti i marchi».
Alla fine dell’incontro Massimo Moretti ha tirato le fila, rispondendo alla domanda posta da Pellegrini: «Lasceranno sul campo i metri quadri di troppo tutti coloro che non punteranno su servizi (come il click&collect), food, leisure e che non saranno in grado di emozionare il consumatore. Se si considera che ormai il 23% di chi entra in negozio dà un’occhiata a Internet, l’interazione tra offline e online è già cosa fatta. Almeno per il consumatore».