Il presidente di Smi, Claudio Marenzi, con Mario Peserico (Indicam) ha firmato a Bruxelles un memorandum of understanding sul tema della lotta alla contraffazione, fenomeno che colpisce soprattutto la moda. Oggi la decisione sul "made in".
Secondo le stime dell’Ocse, l’8% del commercio mondiale rigurda merci contraffatte. In Italia la contraffazione è un’industria illegale che vale oltre 7 miliardi di euro e contrastarla garantirebbe circa 130mila unità di lavoro aggiuntive (dati Censis).
Nel quinquennio 2008-2012, quasi il 70% dei sequestri totali operati dall’Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di Finanza ha riguardato abbigliamento, calzature e accessori.
Secondo i firmatari del memorandum, i falsi sono un "furto" per le imprese colpite (in termini di valore del marchio, reputazione, ricerca e creatività), un danno economico diretto allo Stato e alla collettività (evasione fiscale e contributiva), un "crimine" contro la società civile (perché è un business della criminalità organizzata) e, non ultimo, un rischio per la salute (spesso sono presenti sostanze pericolose).
Il documento firmato ieri, 3 dicembre, vede la collaborazione di Euratex (omologa di Smi su scala europea) ed è condiviso dalle principali associazioni francesi del tessile-moda. In Italia e Francia questo settore manifatturiero occupa complessivamente oltre 500mila dipendenti e realizza un fatturato totale di 75 miliardi di euro.
Peccato che all'appuntamento siano mancate le autorità italiane. «Non era presente alcun parlamentare del nostro Paese - dichiara Marenzi sulle pagine de Il Sole 24 Ore -. Esprimo il mio rammarico per questo disinteresse, anche in vista del D-day sul made in (atteso per oggi, 4 dicembre): un appuntamento per noi irrinunciabile».
In giornata la decisione sul "made in", che renderebbe obbligatoria l'indicazione del Paese di origine sui prodotti che entrano in Europa, è sottoposta al vaglio del Consiglio europeo.
Si tratta dell'ultimo decisivo appuntamento, secondo le associazioni della moda, durante la presidenza europea dell’Italia, ma parte con numeri molto sbilanciati: i contrari, capeggiati dai Paesi del Nord Europa, sarebbero 18, contro gli otto favorevoli.