Il consumi italiani di moda maschile continuano a soffrire. Solo l’e-commerce e lo shopping dei turisti stranieri (anche se si è accusata la mancanza dei russi) salvano in estremis le sorti di una stagione ancora difficile. Lo rivela la sessantina di luxury multibrand della Penisola che hanno risposto al nostro sondaggio
Il sell out di moda maschile in Italia archivia l’ennesima stagione difficile. Gli italiani non comperano, i russi latitano e il dettaglio indipendente sopravvive grazie all’e-commerce e allo shopping dei turisti prevalentemente orientali (cinesi in primis). In questo scenario non facile, i negozianti non possono che giocare la carta della professionalità. E reinventarsi puntando sulle peculiarità che storicamente li hanno resi “testimonial” del made in Italy.
Questo in estrema sintesi è ciò emerge dal nostro sondaggio sulle vendite di menswear dell’autunno-inverno 2014/2015, effettuato con la collaborazione di una sessantina di multimarca al top presenti in tutta la Penisola.
I nostri connazionali - per colpa della crisi economica, ma anche per la paura di spendere o, ancora, di far vedere agli altri che possono permettersi capi costosi - continuano ad acquistare il minimo indispensabile.
Gli abitanti dell’ex Urss, top spender nel Belpaese da almeno una decina di anni, a causa sia del rublo fortemente svalutato (adesso pagano un abito o un accessorio circa il doppio rispetto a un anno fa), sia dell’invito fatto dal governo Putina “consumare” in patria, hanno drasticamente ridotto viaggi e shopping nella Penisola: si parla di flessioni fino al 70%.
In aggiunta, il clima eccessivamente caldo fino a dicembre non ha invogliato all’acquisto di piumini, cappotti e giacconi che, per il prezzo elevato, tradizionalmente rappresentano il core business della stagione fredda.
Solo le vendite online (in buona parte gestite dalla piattaforma Farfetch) e/o lo shopping degli stranieri, sia nella formula diretta, sia in quella del parallelo (anche se pure questo canale sta avendo problemi) consentono ai dettaglianti di chiudere questo autunno-inverno in pareggio e, in pochi casi, di aumentare moderatamente il sell out.
Si tratta comunque di performance in perdita, perché è dal 2008 che il mercato soffre, impedendo ai più di recuperare posizioni. In questi ultimi sei anni le boutique multimarca dell’alto di gamma hanno perso almeno il 30% del fatturato, con una riduzione del traffico nei punti vendita fino al 60-70%.
Entrando nello specifico dei risultati emersi del nostro sondaggio, sul fronte dell’abbigliamento quasi la metà del panel (il 47%) dichiara fatturati in linea con lo scorso anno, il 43% lamenta una contrazione e solo un 10% vanta un aumento. Simile la performance per quanto concerne gli accessori (rispettivamente 41%, 41% e 18%): anche in questo ambito si avverte la crisi, in special modo nelle calzature.
Per quanto riguarda i marchi best seller di stagione, pressoché tutti i dettaglianti interpellati sono concordi nell’affermare che per la clientela italiana non esistono più i veri must have.
Sono piuttosto gli stranieri a preferire determinati brand, come Givenchy, ricercato in special modo dai cinesi e, in generale, dagli orientali, che nel nostro sondaggio vince sul fronte sia dell’abbigliamento (seguito da Moncler, Dsquared2, Stone Islande Saint Laurent), sia degli accessori (seguito da ValentinoePrada). Tra i nomi di più recente affermazione commerciale spiccano Marcelo Burlon, Msgm e Ami.
L’articolo completo è pubblicato nel numero 1 di Fashion in uscita in questi giorni e in distribuzione a Pitti Uomo e a Milano Moda Uomo (nelle foto un'immagine di Stefania Mode a Trapani).