Con flessioni di fatturato ingenti, il mercato ucraino della moda cerca di arginare le perdite causate dal conflitto. Il business si concentra a Kiev, dove i negozianti della provincia svendono la merce, creando seri problemi ai rivenditori ufficiali. «Le aziende devono rendersi conto di ciò che sta accadendo e darci una mano» è l’appello di Mikhail Kavitsky, alla guida dell’Hélèn Marlèn Group.
«Dobbiamo fare i conti con la guerra, con la svalutazione del 38% della valuta locale, la grivnia, e con un futuro impossibile da prevedere. Ma andiamo avanti e continueremo a vendere la moda, soprattutto il made in Italy, come facciamo da 20 anni. È impensabile perdere tutto ciò che abbiamo costruito con tanto impegno e sacrificio. La storia insegna che non si deve mai tornare indietro». Mikhail Kavitsky, alla guida con la moglie Oksana, dell’Hélèn Marlèn Group - realtà di spicco a Kiev e in Ucraina per il fashion e il lusso - non usa mezzi termini per descrivere la situazione di grave difficoltà del Paese, comprensibile appieno solo da chi la vive direttamente.
«Purtroppo molti responsabili delle aziende con cui lavoriamo annullano le visite - aggiunge - e così non possono verificare di persona ciò che sta accadendo».
Il conflitto che si sta consumando nella parte orientale del Paese, che ospita la maggior parte delle aziende ucraine di produzione, ha costretto i dettaglianti di questa zona a chiudere bottega. Per cercare di ridurre le perdite, questi negozianti si sono riversati nella capitale e svendono la merce in appartamenti o spazi improvvisati, contravvenendo a qualunque vincolo di esclusiva territoriale.
«Il risultato è che Kiev sembra diventata un souq - si rammarica Kavitsky -. Il massimo è stato raggiunto quando abbiamo scoperto che proprio sopra uno dei nostri monomarca altre persone non autorizzate offrivano gli stessi prodotti. Credo che sarebbe nell’interesse dei brand controllare come e dove viene venduta la propria collezione. Ed è quello che auspico facciano il prima possibile».
Hélèn Marlén Group chiude questa primavera-estate con un fatturato in valuta locale in linea con quello dello scorso anno. «Di fatto abbiamo perso il 40% a causa della la svalutazione – spiega il retailer - e ci muoviamo di conseguenza riguardo ai budget: gli ordini dell’autunno-inverno li abbiamo tagliati del 40% e quelli della primavera-estate del 50%, considerando che gli accessori, in primis le calzature, vanno meglio dell’abbigliamento».
In tema di fornitori «stiamo chiaramente privilegiando le aziende che ci assistono e con cui abbiamo un rapporto di collaborazione. Quelle in grado di offrirci un prodotto valido dal punto di vista qualitativo, di prezzo e immagine, con un vero dna, frutto di cultura e tradizione, oltre a svolgere il loro lavoro con professionalità e passione come facciamo noi. I risultati si ottengono solo se si è in squadra».
Oltre che dagli evidenti problemi nelle vendite causati dal conflitto, in questi ultimi mesi i dettaglianti ucraini di moda sono stati penalizzati dai significativi ritardi nelle consegne, causati sia delle difficoltà a effettuare i pagamenti, sia dalla temporanea chiusura delle dogane.
«Stiamo vivendo una situazione di vera emergenza – ribadisce Kavitsky –. Non sappiamo come e quando il nostro Paese potrà tornare alla normalità e quali saranno le perdite, ma noi ce la mettiamo tutta».
Fanno capo all’ Hélèn Marlén Group, una divisione luxury con i monomarca in franchising di Gucci, Burberry, Salvatore Ferragamo, Loro Piana e Saint Laurent e il multimarca donna Passage 15 e una divisione contemporary che include il multibrand store Hélèn Marlén Mandarin di 1.500 metri quadri, all’interno del Mandarin Plaza e una serie di multimarca di calzature.