Strategie

L'approccio olistico di Wolford per tornare in profitto

Per raggiungere l'obiettivo di un ritorno all'utile operativo a fine esercizio, il gruppo austriaco della calzetteria e lingerie di alta gamma Wolford si muove su più fronti. E investe in Italia, dove cresce a doppia cifra, nonostante la critica fase congiunturale.

 

A oggi sono 14 i punti vendita all'attivo nella Penisola, di cui 7 gestiti direttamente e altrettanti in partnership, ma il numero è destinato a salire. «È imminente l'apertura di un monomarca a Firenze - anticipa Axel Dreher, coo e cto dell'azienda di Bregenz - e stiamo cercando uno spazio a Venezia». Tra le più recenti inaugurazioni in partnership, invece, c'è quella di Bolzano, insieme a Lefay Srl. A Milano, dove conta già tre monomarca, Wolford sta promuovendo Pure 50 - un collant invisibile sotto gli abiti, perché le sue cuciture sono "incollate" - con un pop up store in Stazione Centrale, aperto dal primo ottobre al 30 novembre.

 

«Siamo molto selettivi e prediligiamo i centri urbani», precisa il manager ex Triumph, arruolato nel marzo 2013, ricordando l'inaugurazione, ad aprile, in Marylebone a Londra, oltre a opening come quelli di Tokyo e Kuala Lumpur. Nel primo trimestre fiscale terminato in luglio era invece stata la volta di Barcellona e New York. A quella data Wolford contava 270 store monobrand e circa 3.000 wholesaler. In più mostrava un +29% delle vendite online: un canale che oggi raggiunge una quindicina di mercati, ma dall'elevato potenziale di sviluppo.

 

Il piano di espansione commerciale rientra in una più ampia strategia, avviata a fine 2013, per ridare slancio alla società quotata a Vienna. «Ci basiamo su un approccio olistico - spiega Dreher - che tocca aspetti quali l'upgrading dei punti vendita, il rafforzamento dell'immagine del marchio, ora affidata a un fotografo di fama come Mario Testino, lo studio della percezione del brand e un maggiore focus sul core business del legwear». La rifocalizzazione riguarda anche l'underwear e complementi (come top, t-shirt e body) mentre il management ha deciso di rinunciare al business del beachwear. Grande enfasi sarà data allo sviluppo prodotto, attualmente affidato a tre designer, che presto saranno coordinati da un creative director. In questo complesso processo Wolford non intende rinunciare a due fattori: una produzione quasi interamente made in Austria (e comunque made in Europe) e del tutto sostenibile (tanto da avere intrapreso un percorso per l'ottenimento della certificazione Bluesign).

 

I primi effetti della "cura" si leggono nella trimestrale pubblicata in settembre, che si riferisce a un periodo, quello da maggio a luglio, ciclicamente fiacco per il legwear. A fronte di un leggero calo del fatturato (-1,1% a 31,9 milioni di euro), l'ebit del periodo è passato da -5,2 a +3 milioni. L'ebit adjusted, che non tiene conto delle operazioni straordinarie, si è attestato a -0,17 milioni. La società, inoltre è passata dal precedente rosso di 4,35 milioni a un utile netto di 1,49 milioni.

 

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