All’incontro con i sindacati di ieri, 4 marzo, il Gruppo Albini ha annunciato che metterà in liquidazione tecnica la controllata Tessitura di Mottola, in provincia di Taranto, avviata nel 2000.
La decisione dell’azienda - uno dei maggiori produttori europei di tessuti per camiceria - è legata a problematiche del tessile-moda come il cronico eccesso di offerta, la guerra dei prezzi scatenata dalla filiera asiatica, la generalizzata riduzione dei consumi e la crisi subita da una parte importante degli operatori dell'abbigliamento, in particolare il formale. La pandemia, che ha colpito il tessile-moda più pesantemente rispetto ad altri settori industriali, ha aggravato il tutto.
Per il cotonificio di Bergamo questo ha significato «una riduzione dei volumi e l’aggravarsi della sovracapacità produttiva nella tessitura meno specialistica, senza previsioni di un adeguato recupero della domanda di comparto nei prossimi anni».
Questo scenario ha portato nel 2020 a una contrazione dei ricavi del gruppo di un terzo e ha progressivamente impattato sullo stabilimento pugliese, la cui produzione è totalmente focalizzata sui tessuti per grandi commesse.
Dopo aver valutato all’interno del proprio piano strategico tutte le possibili alternative, Albini Group ha deciso di cedere la tessitura di Mottola. In questa attività è affiancata dall’advisor Vertus, che «accompagnerà l’auspicabile reindustrializzazione della società pugliese».
Consapevole dell’impatto che questa decisione avrà sui lavoratori, Albini dichiara di impegnarsi da subito a «proseguire e approfondire il dialogo con i sindacati, nell’ambito delle opportunità fornite della normativa, per condividere e definire i termini e le condizioni del piano sociale». A rischio ci sono 120 posti di lavoro.
Intanto a Bergamo il cotonificio ha siglato un accordo sulle uscite volontarie, come previsto dal decreto Agosto del governo Conte bis: nello stabilimento di Albino e nel polo logistico di Gandino, che complessivamente occupano circa 630 addetti, se ne prevedono 35.