Anche la vendita di mascherine aiuta

Brand Usa: il boom dell'e-commerce limita i danni del lockdown

Tra fine luglio e agosto i marchi americani - dal casual di Abercrombie al lusso di Tiffany - hanno pubblicato una serie di trimestrali che evidenziano gli effetti negativi delle chiusure legate al Covid-19.

Ma c'è anche chi, come Gap Inc., fa sapere che nel quarter terminato il primo agosto (e pubblicato il 27 del mese) ha ricavato 130 milioni di dollari dalla vendita di mascherine. Il gruppo archivia il secondo trimestre fiscale con un calo delle vendite del 18% a 3,27 miliardi di dollari.

A limitare i danni è stato l'e-commerce, cresciuto del 136% per il marchio di proprietà
Old Navy (nella foto), del 75% per Gap, del 26% per Banana Republic e del 74% per Athleta. Nel complesso il business delle vendite digitali è raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2019 e la penetrazione online ha raggiunto il 50% circa. Tuttavia, nel periodo Gap è passato da un utile di 168 milioni di dollari a una perdita di 62 milioni. Si tratta comunque di 17 centesimi per azione: una cifra nettamente inferiore ai 41 centesimi stimati dagli analisti di Wall Street.

Performance non molto diversa per Abercrombie & Fitch, il cui fatturato è sceso del 17% a 698 milioni di dollari nel corso del secondo trimestre terminato il primo agosto, oltre le attese degli analisti (658,44 milioni di dollari, come riportato da Refinitiv). Dal gruppo dell'Ohio segnalano che le vendite digitali sono aumentate del 56%, a 386 milioni di dollari.

Grazie anche ai minori costi in store e distributivi, nonché di marketing, Abercrombie ha registrato un utile di 5,5 milioni di dollari, dalla perdita di oltre 31 milioni dell'analogo periodo del 2019. A impensierire la ceo Fran Horowitz ora è il rallentamento, legato alla pandemia, delle vendite per il back-to-school.  

A New York, l'iconico gioielliere Tiffany rallenta la discesa dei ricavi: -29% nel periodo maggio-giugno, a 747 milioni di dollari, dal -45% del trimestre terminato a fine aprile. «Globalmente il nostro e-commerce è cresciuto del 123% - ha precisato il ceo Alessandro Bogliolo - con alcuni mercati chiave come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che nel secondo trimestre hanno registrato rispettivamente un +122% e un +93%. Il business delle vendite online ha così raggiunto approssimativamente il 15% delle vendite totali, dal 6% degli ultimi tre anni».

Il periodo termina per Tiffany con un utile netto di 32 milioni di dollari, -77% rispetto a un anno prima. L'utile sarebbe di 39 milioni, se si escludono alcuni costi legati al passaggio dell'azienda nelle mani di Lvmh: un'operazione ancora pending, a cui manca il via libera delle autority antitrust di Unione Europea, Giappone, Messico e Taiwan, e i cui termini di chiusura sono slittati dal 24 agosto al 24 novembre (da tempo si vocifera che Lvmh intenda rinegoziare l'accordo, visti gli effetti del Covid sull'economia e sulle quotazioni dei titoli del comparto).

Un'altra newyorkese quotata sul Nyse, Tapestry, ha più che dimezzato le vendite nel quarto trimestre fiscale, terminato il 27 giugno: 714,8 milioni di dollari, da 1,5 miliardi dell'analogo periodo del 2019. La società che controlla i marchi Coach, Kate Spade e Stuart Weitzman ha subito perdite per 294 mlioni di dollari, dai 149 milioni di utile precedenti. Ipotizzando un progressivo recupero con l'uscita dalla pandemia, il ceo ad interim Joanne Crevoiserat prospetta una crescita sostenuta dei ricavi nella prima metà del 2021, ma non fornisce i target.

Scende del 65%, a 451 milioni di dollari, il turnover trimestrale di Capri Holdings, gruppo quotato a New York che controlla i marchi Michael Kors, Versace e Jimmy Choo. Quello terminato il 27 giugno è il primo trimestre fiscale della società, che ha dovuto incassare una perdita di 180 milioni di dollari (era in utile per 45 milioni, un anno prima). Si tratta comunque di risultati migliori delle previsioni. La perdita adjusted per azione è stata di 1,04 dollari, dal rosso di 1,17 dollari previsti dagli analisti che avevano ipotizzato un crollo dei ricavi a 426 milioni (fonte FactSet). Versace risulta il marchio con la flessione del giro d'affari più "contenuta": -55% a 93 milioni di dollari, contro il -68,7% di Michael Kors (a 307 milioni) e il -67,7% di Jimmy Choo (a 51 milioni).

Non fa meglio Ralph Lauren, che ha terminato il suo primo quarter fiscale a fine giugno con un -66% delle vendite a 487 milioni di dollari. La perdita netta del periodo è stata di 128 milioni (dal precedente utile di 117 milioni) o 1,75 dollari per azioni, peggiore rispetto alle previsioni degli analisti di una perdita di 1,53 dollari (fonte: Zacks Investment Research). 

La fashion house di New York non specifica il trend delle vendite online, ma fa sapere che sta sperimentando uno "strong digital momentum" e implementando una serie di iniziative per facilitare la consumer experience. Come la maggior parte delle fashion company quotate non fornisce obiettivi di bilancio, ma ipotizza un secondo trimestre e l'intero esercizio significativamente impattati dalla pandemia.

Il primo trimestre fiscale di Vf Corporation ha invece registrato una perdita di 286 milioni di dollari, dai 49 milioni di utili dello stesso periodo del 2019. I ricavi hanno totalizzato 1,07 miliardi di dollari, in riduzione del 48%. Il gruppo - che controlla marchi come Vans, the North Face e Timberland - ha visto le vendite digitali fare un balzo del 78% e prevede un miglioramento nel secondo trimestre. Il turnover dovrebbe risultare in calo, ma a un tasso inferiore al 25%.

e.f.
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