L'emergenza sanitaria si è abbattuta con violenza sui conti di H&M. Il colosso della fast fashion svedese ha registrato un calo del 57% del fatturato nel periodo dall'1 marzo al 6 maggio di quest'anno, rispetto allo stesso lasso di tempo del 2019. Le vendite online, attive in 46 mercati sui 51 serviti digitalmente dall'azienda, sono invece aumentate del 32%.
Le vendite in Germania sono diminuite del 46% nel periodo analizzato, mentre i cali sono stati molto più elevati, oltre il 70%, negli Stati Uniti, in Spagna, Francia e Italia. In Cina la flessione è stata del 32%.
Il gruppo nordeuropeo, cui fanno capo oltre a H&M le etichette Cos, Monki, &Other Stories, ha fornito un aggiornamento sulla sua situazione finanziaria.
Da metà dello scorso marzo, a seconda delle decisioni delle autorità e delle condizioni dei diversi mercati, circa l'80% dei punti vendita del gruppo sono stati chiusi. Dalla fine di aprile in poi l'insegna ha iniziato a riaprire gradualmente gli store in diversi Paesi, in linea con le disposizioni locali e le norme sul distanziamento sociale.
Nei mercati in cui H&M ha ricominciato a operare, il traffico nei punti vendita si è ridotto, come era prevedibile. Attualmente 3.050 negozi, che rappresentano il 60% dei 5.061 punti vendita del gruppo, sono ancora temporaneamente chiusi.
«Il nostro lavoro è mirato ad assicurare flessibilità finanziaria e libertà di azione alle migliori condizioni possibili in un mercato difficile in cui si presentano anche opportunità commerciali», spiega una nota diramata dal gruppo.
Per compensare l'andamento negativo delle vendite sono state messe in atto una serie di misure strategiche nei settori degli acquisti, degli investimenti, degli affitti, del personale e dei finanziamenti, ma il secondo trimestre è previsto comunque in perdita, poiché i provvedimenti attuati non compenseranno il calo dei ricavi.