«La nostra strategia di accelerazione sul fronte Consumer Direct sta dando i suoi frutti»: così John Donahoe (nella foto), presidente e ceo di Nike Inc., commentando i risultati del terzo trimestre, archiviato il 28 febbraio.
Si evidenziano ricavi pari a 12,4 miliardi di dollari (+14%), con vendite dirette a quota 5,3 miliardi (+17%) e il wholesale in avanzata del 12%. Il brand ammiraglio Nike, il cui fatturato ammonta a 11,8 miliardi di dollari, cresce del 14%, con incrementi double digit in Nord America, Emea e Apla (Asia Pacific & Latin America). In Cina il marchio porta a casa un +1%, a causa delle ripercussioni della politica zero Covid soprattutto in dicembre. Quanto a Converse, il cui giro d’affari è di 612 milioni di dollari, segna un +8%.
Tutto bene, dunque, tranne che nel margine lordo, che scende di 330 punti base portandosi al 43,3%, «in seguito a markdown più alti per liquidare le giacenze - spiega una nota - oltre all’impennata dei costi nella logistica e nei trasporti, solo in parte compensati da strategie di pricing». Problemi che si riscontravano già nel secondo trimestre.Da considerare anche che le spese legate al selling e all’amministrazione sono balzate del 15%, totalizzando 4 miliardi di dollari. 1,2 miliardi di dollari è la cifra relativa all’utile netto, in riduzione dell’11%. Gli utili per azione decrescono del 9% a 0,79 dollari.
Donahoe sottolinea che le leve del business sono più che mai l’innovazione sul prodotto, la forte relazione con i consumatori e un vantaggio dal punto di vista digitale. A questo proposito, l’e-commerce è progredito del 20%.