Una sfilata a Napoli, la collaborazione con Andrea Pompilio (per almeno due stagioni e poi chissà), una diversa strategia distributiva, un nuovo piano di internazionalizzazione incentrato sulla Cina. L’a.d. Marco Pirone, in carica da quasi un anno, è riuscito a far coincidere tutta una serie di novità intorno ad Harmont&Blaine con il 25esimo anniversario del marchio, gettando le basi di una strategia di rilancio.
«Non c’è l’intenzione di stravolgere il nostro dna, ma quella di sorprendere - sottolinea Pirone -. Non intendiamo tradire la nostra clientela fedele, ma abbiamo anche il desiderio di incontrare un pubblico diverso, contemporaneo e internazionale, appassionato di moda, senza essere fashionista».
La data X scelta per svelare il cambio di marcia dello stile Harmont&Blaine è il 21 giugno, quando in una location storica di Napoli sfileranno i look della capsule collecton disegnata da Pompilio: «Sarà un evento digitale perché non potevano prevedere come si sarebbe evoluta la situazione - spiega Pirone -. La collezione evidenzierà il nuovo corso del marchio, anche se l’evoluzione del prodotto sarà già evidente nei look della FW in arrivo nei negozi».
Lo special project potrà contare su una diversa logica distributiva, pensata per conquistare un trade differente da quello su cui può contare attualmente il marchio del Bassotto, presente in quasi 500 multimarca. «Puntiamo anche a specialty concept store all’estero e in Italia, dove siamo ben distribuiti, l’obiettivo è di entrare in boutique non fashion ma contemporary». «Il criterio della selettività - aggiunge - varrà anche per il retail diretto: solo alcuni dei nostri 99 monomarca venderanno i capi realizzati da Andrea Pompilio».
Nel rinnovamento dello stile rientrano anche l’attenzione alla collezione donna «che finalmente stilisticamente dialoga con la linea uomo» e alla sostenibilità, come conferma lo stesso Pirone: «Siamo partiti dall’eco cachemire e da un progetto sul denim - conferma il manager che in passato ha guidato Lvmh Italia - ma non abbiamo intenzione di fermarci e stagione dopo stagione la nostra offerta green sarà sempre più ampia».
Nei prossimi tre anni la maggior parte degli investimenti si concentrerà sull'internazionalizzazione. «L’Italia è il nostro mercato di riferimento e lo resterà anche in futuro, ma entro il 2025 ci piacerebbe portare la quota di export intorno al 40%/45%. Siamo già forti America Latina e Spagna, dove vogliamo potenziarci ulteriormente lavorando con partner e anche con investimenti diretti, in più stiamo per debuttare in Cina, dove abbiano creato una filiale e dove a breve apriremo i primi due store monomarca, probabilmente a Shanghai e Pechino».
E poi c’è l’e-commerce, che è un canale determinate, specie per alcuni mercati come gli Stati Uniti, «dove rappresenterà il nostro cavallo di Troia. Negli Usa abbiamo già un monomarca a Miami gestito da un partner e lavoriamo con alcuni department store e non prevediamo l'ingresso diretto sul mercato. Il compito di farci conoscere ulteriormente sarà affidato proprio al canale digital, che va già benissimo e vale il 7% delle nostre vendite totali, compreso il wholesale».