Dopo il confronto con Regioni e imprese

Per il Mise è prioritario favorire politiche di reshoring

Mise.gov.it

Nel corso dell’incontro di ieri al Mise (nella foto), sulle misure per fronteggiare l’impatto economico del coronavirus, il ministro Stefano Patuanelli ha illustrato alcune delle proposte che faranno parte del pacchetto a cui sta lavorando il Governo, per supportare il sistema produttivo nelle aree interessate dall’emergenza sanitaria.

Come si legge in un comunicato del ministero, tra gli interventi sono previsti una procedura di accesso rapido per le Pmi al Fondo di garanzia, la sospensione dei pagamenti delle forniture dei servizi come gas ed energia elettrica, la sospensione dei termini degli adempimenti societari e la proroga al 2021 delle misure previste dal codice della crisi di impresa, nonché un'attenta attività di monitoraggio dei prezzi di alcuni prodotti sanitari.

Inoltre «è in corso di approfondimento la possibilità di prevedere forme di contributi per la ripresa delle attività per le imprese direttamente danneggiate e sostegni alle imprese che hanno subito danni indiretti».

All’incontro hanno partecipato i rappresentanti delle regioni Lombardia e Veneto (le più colpite dal coronavirus), Alleanza Cooperative, Casartigiani, Cna, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Confindustria, Confprofessioni, Confimpreseitalia, oltre al vice ministro Buffagni, ai sottosegretari Liuzzi, Manzella e Todde e al vice ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli.

Patuanelli si impegna a individuare strumenti a sostegno dei settori più in difficoltà, come la grande distribuzione organizzata, il turismo, i trasporti, la logistica e le forniture. Ritiene inoltre prioritario supportare l’export di made in Italy, con la promozione all’estero delle eccellenze nazionali, già avviata dal ministero degli Affari Esteri, «nonché favorire politiche di reshoring, attraverso il sostegno agli investimenti di quelle aziende che intendono riportare le loro produzioni in Italia».

Il diffondersi del coronavirus sta infatti mettendo in discussione le strategie di delocalizzazione di alcune imprese, sostenute da una logica di massimizzazione dei profitti, a scapito di una logica di business sostenibile.

Secondo Affaritaliani.it, il modello che starebbe valutando l’Italia è quello britannico, ideato nel 2014 da David Cameron, dove un soggetto governativo fa scouting fra le imprese interessate a rientrare nei confini nazionali con le loro produzioni e funge da sportello unico per le pratiche burocratiche.

Tra le ipotesi c’è l’introduzione di uno sgravio fiscale quinquennale, attraverso una riduzione dell’Ires dal 24% fino al 12-10%, oltre ad agevolazioni specifiche per i lavoratori rimpatriati.

e.f.
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