In tempi in cui la responsabilità ambientale e sociale è un imperativo categorico, per chi non sta al passo sono tempi duri, anche se dotato di grandi capitali e di una macchina operativa come Shein.
L’azienda cinese - che marciando in sordina (profilo basso, zero pubblicità) è passata dai 50 milioni di dollari del 2012 ai 10 miliardi del 2020 e secondo le previsioni di Morgan Stanley potrebbe raggiungere i 20 miliardi nel 2022 - sta infatti correndo ai ripari dopo le critiche sulla sua mancanza di trasparenza riguardo alle pratiche produttive e alle condizioni di lavoro dei dipendenti e per l’Europa arruola un nuovo team. Obiettivo: migliorare la propria immagine di azienda poco eco-friendly e accrescere il business.
Come anticipato da Modaes.com, direttore della nuova divisione commerciale sarà Jacobo García Miña, che da Dublino avrà il compito di migliorare il profilo di Shein nel mercato europeo e costruire relazioni con aziende e marchi della moda, ma anche istituzioni, enti pubblici e mondo accademico, ricercando inoltre opportunità di sponsorizzazione, canali di vendita alternativi e nuove «opportunità di business».
Un’operazione volta a migliorare il "percepito" nei confronti sia del consumatore finale, sia degli stakeholder, in un momento in cui la sostenibilità è sempre più un dovere, anche di legge.
«Shein si impegna a rispettare i criteri Esg (environmental, social and governance) e questo è stato fondamentale per entrare a far parte del team», ha sottolineato García.
Il manager ha iniziato la sua carriera presso H&M e Zara, dove era responsabile del merchandising per vari mercati. È poi passato a Landmark Group e Chalhoub. Dopo oltre un decennio nella moda, è passato al settore tecnologico e ha ricoperto posizioni di responsabilità presso Salesforce e Visenze.
Prezzi stracciati, offerta sterminata e produzione on demand sono le strategie che hanno permesso a Shein di conquistare la Gen Z, grazie a un ultra fast fashion prodotto totalmente in house che fa piazza pulita degli intermediari e vende direttamente sul web a Europa e Stati Uniti (suo principale mercato), ingaggiando i clienti finali su Tik Tok, Instagram e You Tube.
La app fondata nel 2008 da Chris Xu non è infatti una semplice piattaforma di vendite online, ma una fabbrica 4.0 che si avvale di circa 3mila fornitori cinesi, di cui circa 1.400 nella sola regione di Guangzhou, che producono a ciclo continuo ma on demand, in base al termometro delle tendenze e dei like.
Una macchina da guerra, ma che rischia di cominciare a perdere battaglie se non si adegua sul fronte eco-sostenibile e non si scrolla di dosso la nomea di produttore di capi usa e getta che vanno ad alimentare le discariche.
Già nell’ultimo anno Shein ha gradualmente iniziato a realizzare piccole iniziative in questa direzione, come il lancio dello Shein Cares Fund, un fondo per investire in organizzazioni no-profit e in iniziative sociali, di circolarità e di riciclo, o di EvoluShein, la sua prima collezione realizzata con poliestere riciclato da bottiglie di plastica Pet.
Significativa è stata anche la nomina di Adam Whinston, con oltre 15 anni di esperienza in aziende come The Walt Disney, Hewlett-Packard e JC Penney, come nuovo direttore Esg, con sede a Los Angeles.
Tutte mosse che si inseriscono nel contesto di una potenziale quotazione a Wall Street, di cui si vocifera da un anno: un’operazione che, se andasse in porto, risulterebbe essere la più grande Ipo mai realizzata da una società cinese sul listino americano.