Continua la corsa di
Shein. Secondo indiscrezioni riportate da
Bloomberg, il player cinese di fast fashion sarebbe in trattative con alcuni investitori per ottenere un finanziamento da un miliardo di dollari, portando la sua valutazione a 100 miliardi (circa 90 miliardi di euro).
Nel gruppo di investitori ci sarebbe anche
General Atlantic, società di private equity che detiene delle quote del brand Usa
Tory Burch.
In base ai dati di
CB Insights, nel caso la valutazione venisse confermata Shein diventerebbe una delle tre startup con maggiore valorizzazione a livello mondiale, dopo
ByteDance (a capo di
TikTok) e
SpaceX.
Negli ultimi mesi si sono rincorsi i rumour su un possibile sbarco della società a Wall Street: un’operazione che, se andasse in porto, risulterebbe essere la più grande Ipo mai realizzata da una società cinese sul listino americano.
Del resto, la crescita repentina di Shein è da tempo sotto la lente del mercato perché l’e-tailer, marciando in sordina (profilo basso, zero pubblicità, niente interviste), è passato dai 50 milioni di dollari di fatturato del 2012 – quando è nato – ai 10 miliardi del 2020. E, secondo le previsioni di
Morgan Stanley, potrebbe raggiungere i 20 miliardi nel 2022.
Prezzi stracciati, offerta sterminata e produzione on demand le strategie che hanno permesso alla app fondata nel 2008 da
Chris Xu di conquistare la Gen Z, grazie a un ultra fast fashion prodotto totalmente in house che fa piazza pulita degli intermediari e vende direttamente sul web a Europa e Stati Uniti (suo principale mercato), ingaggiando i clienti finali su Tik Tok,
Instagram e
You Tube.
«Shein - spiega a
fashionmagazine.it Dario Golizia, docente e autore di
Fashion Business, Teorie e casi Strategic Fashion Management – ha implementato uno dei modelli di business più aggressivi in assoluto. Ha copiato lo schema tipico del tradizionale fast fashion, apportando delle innovazioni che lo differenziano rispetto ai leader
Inditex e
H&M, perché ha ridotto i tempi di produzione e consegna, consentendo un cambio dell’assortimento ancora più repentino rispetto ai competitor con una distribuzione prevalentemente fisica».
Shein, infatti, non è una semplice piattaforma di vendite online, ma una fabbrica 4.0 che si avvale di circa 3mila fornitori cinesi, di cui circa 1.400 nella sola regione di Guangzhou, che producono a ciclo continuo ma on demand, in base al termometro delle tendenze e dei like.
Qui sta il segreto di Chris Hu, espertissimo di Seo: essere veloce e chirurgico nell’estrapolare dal web i trend, veloce e mirato nel tradurli in prodotto, altrettanto veloce nell’immetterli sul mercato, ancora più veloce nel realizzare su vasta scala ciò ha colpito nel segno.
Vicinanza geografica dei siti produttivi, intelligenza artificiale, deep e machine learning, un software denominato
Lacr-Large Scale Automated Test and Re-Order sono gli ingredienti base della sua ricetta di business, che è riuscita a battere sul tempo due velocisti come Inditex e H&M.
Al fenomeno Shein il numero 1 di
Fashion (febbraio-marzo 2022) ha dedicato un’inchiesta, analizzando i suoi punti di forza ma anche di debolezza, a partire dalla sua opacità riguardo alle social practice (responsabilità ambientale e condizioni di lavoro in primis), che lo pongono in una posizione controversa, soprattutto in questa fase, in cui la fashion industry occidentale sta affrontando una trasformazione titanica verso la sostenibilità.
a.t.