Con cali di quasi il 60% in Europa, di oltre il 61% in America e del 64% in Giappone si chiude un primo trimestre da dimenticare per
Richemont.
Più contenuti i danni in Asia Pacifico, con un -30% e vendite per 1,01 miliardi di euro, che confermano quest'area al primo posto tra i mercati di riferimento del gruppo: a incidere positivamente la ripresa della Cina (+49%, con il sell out online triplicato e una buona ripresa dei negozi fisici dopo il lockdown). Da notare che
Cartier - uno dei marchi in portafoglio insieme, tra gli altri, a
Van Cleef&Arpels,
Chloé e
Dunhill - ha da poco aperto un e-flagship nel
Tmall Luxury Pavilion. Analoga la performance di Medio Oriente e Africa (-29%).
I ricavi si sono attestati complessivamente a 1,99 miliardi di euro, in discesa del 47%, con il wholesale penalizzato da un -65% e il retail che non se la passa molto meglio (-43%).
Il web non aiuta: a causa di problemi logistici legati al lockdown, il retail online arretra del 22% anno su anno, ma se si esclude il -42% realizzato da
Ynap e dal sito di vendita di orologi second-hand di lusso
Watchfinder si nota come gli e-commerce di marchi in portafoglio abbiano inciso sul giro d'affari nell'ordine dell'8%, contro il precedente 2%.
A soffrire di più sono stati i brand di orologeria (-56%), seguiti però abbastanza da vicino da quelli di gioielleria, in riduzione del 41% ma sempre molto richiesti in Cina, dove hanno messo a segno un +68% (nella foto
Johann Rupert, patron di Richemont).
a.b.