L’americana Tiffany, che sta per entrare nella scuderia Lvmh, archivia il quarter con un aumento dei ricavi dell’1% e utili in calo.
Nel trimestre terminato a fine ottobre il fatturato ha raggiunto il miliardo di dollari, sui livelli di un anno prima e quasi in linea con gli 1,04 miliardi attesi dagli analisti. Se si esclude dal confronto l'effetto Hong Kong, le vendite registrano un incremento del 4% a cambi costanti e del 3% a pari perimetro distributivo.
Il gioielliere di New York risente del -4% del turnover nelle Americhe, mentre in Asia-Pacifico ha mantenuto costanti le quote. In Europa la discesa è stata del 3%, contro il +19% in Giappone.
Il gross profit trimestrale è passato da 629,3 a 625,7 milioni di dollari e gli utili dall’attività operativa sono diminuiti da 126,4 a 118,5 milioni. L’utile netto si è ridotto a 78,4 milioni, in discesa dell’17% rispetto al terzo trimestre 2018, anche per effetto del tax rate, lievitato dal 17,1% al 25,4%. L’utile per azione è sceso a 65 centesimi di dollaro, dagli 85 centesimi previsti dagli analisti.
Il bilancio a nove mesi chiude con un giro d’affari di 3,1 miliardi di dollari, in contrazione del 2% (-3% a pari perimetro) e con profitti in discesa dell’11%, a 340 milioni.
Fondata nel 1837 a New York da Charles Lewis Tiffany, la società conta oggi oltre 14mila impiegati nel mondo e ha all’attivo un network retail di oltre 300 negozi.