La Guardia di Finanza di Milano contesta al Gruppo Kering, proprietario di Gucci, una presunta evasione fiscale da circa 1,4 miliardi di euro.
La Finanza ipotizza ricavi non dichiarati per circa 14,5 miliardi, relativi alla commercializzazione di prodotti Gucci. L'aggiramento delle imposte italiane sarebbe avvenuto tra il 2011 e il 2017, attraverso la realtà svizzera di proprietà Lgi-Luxury Goods International. Kering avrebbe così pagato unicamente le imposte del Paese elvetico, inferiori al 9%.
Più in dettaglio, la Guccio Gucci Spa di Firenze, controllata del gruppo francese che detiene il marchio, avrebbe concesso in uso il brand alla società svizzera per la distribuzione nel mondo dei prodotti Gucci.
Le indagini avrebbero invece accertato che la maggior parte delle funzioni di commercializzazione non avvenivano in Svizzera, bensì nella sede milanese della Guccio Gucci, comportando così l’obbligo di pagare le imposte all’erario italiano.
Kering (Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga e Alexander McQueen tra gli altri marchi in portafoglio) contesta in un comunicato quanto asserito dalla Guardia di Finanza, ma dichiara di avere fiducia nei procedimenti in corso e di continuare a cooperare in completa trasparenza con le autorità fiscali italiane, per far valere i suoi diritti.
Inoltre conferma «di aver implementato uno stretto monitoraggio dei propri rischi fiscali e ha adottato un approccio prudente nella valutazione delle proprie esposizioni fiscali, in particolare quelle relative alla politica dei prezzi di trasferimento».
Ma le grane non finiscono qui. L’Espresso riporta che il gigante del lusso avrebbe versato circa 24 milioni di euro sul conto bancario di una società offshore di Panama, riconducibile a Patrizio Di Marco, che fra il 2009 e il 2014 è stato alla guida di Gucci (e prima ancora di Bottega Veneta).
Il settimanale fa riferimento a una serie di documenti riservati, ottenuti dal sito di informazione francese Mediapart e condivisi con il consorzio giornalistico Eic-European investigative collaborations, di cui fa parte la testata italiana. Dalle carte emergerebbero le somme ricevute da Di Marco fra il 2010 e il 2014 per un suo incarico di consulente, la liquidazione all’uscita dal marchio Gucci e un pacchetto di azioni Kering.