È passato solo un anno da quando negli Stati Uniti Jeff Bezos, allora ancora ceo di Amazon, ha tagliato il nastro dei suoi Luxury Stores, un canale aperto inizialmente su invito a selezionati utenti Prime, con marchi di alta gamma come Oscar de la Renta (il primo a crederci), Altuzarra, Roland Mouret e Car Shoe, ai quali successivamente si sono aggiunti, tra gli altri, La Perla, Christopher Kane e Boglioli.
Ora, come ha anticipato wwd.com, l’avanzata nel segmento del lusso continuerà anche grazie all'Europa: il debutto dei Luxury Stores nel Vecchio Continente è fissato per novembre e per il momento l’unico nome che, secondo indiscrezioni, dovrebbe unirsi nell’avventura è Dundas (nella foto), già online sul mercato americano.
Sicuro è invece che dall'autunno si aprirà un nuovo e agguerritissimo match sul risiko dei marketplace del lusso, in un'arena – come quella europea – già presidiata da Farfetch, MyTheresa, Net A Porter, Matchesfashion, 24 Sèvres di Lvmh e Zalando, che sta progressivamente accorciando le distanze con il segmento Designer.
Basti pensare che, complici la pandemia e il confinamento sociale, nel 2020 l’e-commerce ha segnato un boom anche per le griffe, generando un +50% di ricavi rispetto al 2019 (dati Altagamma), con la previsione che nel 2025 un terzo dei consumi del settore lusso avvenga proprio su canali digitali.
Riuscirà dunque un colosso generalista come Amazon, ma fortissimo sul fronte tecnologico, dei dati e del servizio, a dare del filo da torcere agli specialisti digitali del lusso?
Fondamentali saranno l’interesse dei big di questo settore, in primis la galassia di marchi che fanno capo a Lvmh e Kering, che finora non hanno assecondato le mire espansionistiche della piattaforma Usa.
Monsieur Arnault aveva gelato Bezos già a inizio 2020, rifiutando l’invito a salire sulla barca di Amazon e adducendo come motivazione il nodo irrisolto dei falsi, anche se secondo molti osservatori a far storcere il naso al numero uno della holding francese sarebbe piuttosto il fatto il dover abdicare al controllo sui propri brand, che entrerebbero a far parte di ingranaggi mossi da un motore altrui.
Eppure il colosso statunitense dell’e-commerce ha pensato anche a questo, puntando a convincere gli Amazon-scettici con il modello delle e-concession, che permette ai marchi di essere autonomi su assortimento, pricing e customer care, con il valore aggiunto dell’accesso ai servizi di stoccaggio e al network distributivo del gruppo.
La sfida di Amazon sarà innanzitutto quella di riuscire a fare massa critica con i marchi aderenti: solo così potrebbe diventare un pericoloso avversario per i suoi competitor, a partire da Farfetch.
Il marketplace di José Neves collega oggi i clienti di oltre 190 Paesi con un’offerta di oltre 1.300 marchi, boutique e grandi magazzini. Nel novembre 2020 si è ulteriormente rafforzato grazie a una partnership strategica con Alibaba, Richemont e Artemis (holding della famiglia Pinault, che controlla Kering), con l’obiettivo di fornire ai marchi del lusso un migliore accesso al mercato del Dragone e accelerare la digitalizzazione del settore su scala internazionale.
Anche Zalando sta continuando la sua corsa (nel secondo trimestre il Gross Merchandise Volume è aumentato del 40% a 3,8 miliardi di euro) e sta progressivamente conquistando posizioni nel settore luxury, con nomi come Paul Smith, Cristopher Kane e Moschino.
Per il 2021 la crescita del Gmv è fissata tra il 31 e il 36% a 14-14,6 miliardi di euro, mentre i ricavi sono previsti in aumento fra il 26 e il 31%, corrispondente a un range compreso fra 10,1-10,5 miliardi di euro.