IL PUNTO CON GIOVANNA CEOLINI (ASSOCALZATURIFICI)

Nel 2022 svolta per il settore calzature, ma la ripresa è disomogenea

Nel 2022 il lusso e l’export hanno trainato la crescita del settore calzature, protagonista in questi giorni del salone Micam a Fieramilano Rho. Lo sottolinea un comunicato di Assocalzaturifici, pubblicando alcuni dati di preconsuntivo elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda: nell’anno da poco concluso il fatturato si è attestato a 14,49 miliardi di euro (+14% rispetto al 2021), segnando un recupero dei livelli del 2019, mentre le esportazioni hanno fatto un balzo del 23,3% in valore. Si è rafforzato il saldo commerciale, a quota 5,54 miliardi (+7,6%). Restano invece in panne i consumi interni, in discesa del 2,5% e ancora non in grado di colmare il gap con il 2019.

Giovanna Ceolini (nella foto), presidente dell’associazione di categoria, parla di «un quadro di insieme incoraggiante dopo un biennio complesso», ma non nasconde le incognite del momento: «Non dobbiamo dimenticare - dice - che la ripresa è stata disomogenea, visto che due imprese su cinque non hanno ancora recuperato i livelli pre-pandemia, senza contare le conseguenze delle dinamiche inflattive sugli utili delle aziende».

«L’anno che doveva segnare la piena ripartenza - prosegue - ha sì registrato il proseguimento del recupero della domanda, ma è stato penalizzato dal perdurare dei costi elevati delle materie prime, che dopo la fiammata di fine 2020 non hanno dato segni tangibili di ribassamento, e dai picchi record nei prezzi degli energetici, con un’inflazione mai così alta in Italia dal 1985». A ciò si è aggiunto, a fine febbraio, lo scoppio di un conflitto «di cui ancora oggi non si vede la fine, in un’area da sempre tra i maggiori clienti di alcuni distretti calzaturieri italiani».

Concentrandosi sui primi dieci mesi del 2022, viene confermato il trend molto positivo delle esportazioni (per un totale di 10,48 miliardi, +23,5%, già superiore al valore dell’intero 2021), con un prezzo medio al paio di 57,26 euro (+10,7%), a dimostrazione del dinamismo dell’alto di gamma, per il quale tra l’altro sono numerose le aziende italiane che operano da terziste.

Va detto però che le scarpe in pelle, tipiche della tradizione made in Italy, sono le uniche che ancora presentano un divario in volume, peraltro consistente, sul 2019 (-10,4%).

Alla voce mercati, sono stati premianti i risultati in Ue (con la Francia in progress del 24,4% in valore e la Germania del 27,4% su gennaio-ottobre 2021). Oltre la media gli incrementi in Nord America (Usa +60% e Canada +68%) e Medio Oriente (+55%).

Bene la Cina, che nonostante le oscillazioni legate al Covid ottiene un +41% in valore e un prezzo medio nella fascia top del mercato in aumento del 34%. Tra gli Stati dell’ex blocco sovietico l’andamento è, come si può immaginare, a due velocità: da un lato il Kazakistan mette a segno un +40% e, dall’altro, si assiste al crollo di Russia (-26%) e Ucraina (-59%).

Restando sui dieci mesi, gli acquisti sul territorio italiano sono avanzati del 6,7% in quantità e del 9,6% in spesa, malgrado l’offensiva delle merci estere soprattutto nelle fasce medio-basse (+30% in volume). A dare una mano lo shopping dei turisti, tranne i russi e i cinesi.

La produzione nazionale è salita a 162 milioni di paia (+8,9% sul 2021, ancora lontana tuttavia dai 179 milioni del 2019, e l’occupazione ha registrato una prima inversione di tendenza, accompagnata da una forte riduzione delle ore di cassa integrazione guadagni autorizzata (-81% per le realtà della filiera pelle, con ancora però un +58% sul pre-Covid).

Nel 2022 i livelli occupazionali hanno registrato un rimbalzo, dopo la significativa contrazione di fine 2020 (-4%) e l’ulteriore -1,8% del consuntivo 2021. Sono stati recuperati 1.750 addetti, risalendo a 72.336 persone, il +2,5% rispetto a dicembre 2021. Questa inversione, seppure incoraggiante, è stata insufficiente a ripianare anche le sole perdite del biennio antecedente (-4.300 posti di lavoro). 

Il lungo periodo di crisi senza precedenti ha inasprito il processo di selezione tra le aziende, facendo scendere a 3.765 i calzaturifici attivi, con un saldo negativo di 216 unità in confronto con dicembre 2021: l’arretramento più pesante da un decennio a questa parte.

 

 

A cura della redazione
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