In attesa delle valutazione di esperti ed epidemiologi, il lockdown intanto durerà fino al 13 aprile, ma il mondo industriale è già avanti con il pensiero, a quando – e soprattutto come – il sistema potrà ripartire, garantendo la sicurezza dei lavoratori, senza compromettere la sopravvivenza delle imprese.
Confindustria Moda, la federazione di oltre 65mila aziende italiane del tessile-moda e accessorio, che occupa oltre 585mila addetti, ha presentato un piano articolato in cinque proposte, al fine di riprendere il più presto possibile le attività produttive, logistiche e distributive, nel rispetto delle misure di sicurezza già definite nel "Protocollo condiviso" del 14 marzo 2020.
Questo vademecum, come spiegano i vertici di Confindustria Moda, è stato progettato con l'obiettivo di ridurre al minimo possibile l'impatto della pandemia da Covid-19 sulla filiera del tessile-moda e accessorio, «un unicum mondiale e il secondo settore manifatturiero italiano, oltre che il maggior contributore al saldo positivo della bilancia commerciale italiana».
In sintesi, questa sorta di prontuario d'emergenza - nell'attesa che vengano validati studi medico-scientifici-epidemiologici e le relative applicazioni tecnologiche che possano consentire di rilevare con certezza nelle persone la positività o l'immunità al virus – propone come primo punto di salvaguardare i lavoratori più anziani e più fragili, effettuando una segmentazione per fasce d'età, per autorizzare una celere ripresa progressiva dell'attività lavorativa tutelando i lavoratori più avanti con gli anni e più a rischio, con altre patologie importanti pregresse.
In secondo luogo, Confindustria-Moda suggerisce di considerare la situazione epidemiologica su base territoriale, ossia riaprire le attività economiche con un criterio geografico, privilegiando le attività basate nelle regioni e nelle provincie meno coinvolte dall'epidemia. Tale scelta consentirebbe inoltre a tanti territori del Sud del Paese, già molto più fragili dal punto di vista del tessuto economico, di non subire conseguenze tali da pregiudicare ogni possibilità di riscatto economico per lunghissimo tempo.
Terzo punto è quello di aprire con priorità e urgenza le attività aziendali necessarie e funzionali alla effettiva ripresa produttiva: Confindustria Moda propone di cominciare ad autorizzare in via prioritaria ed urgente le attività non produttive che nei processi aziendali sono funzionali e necessarie alla effettiva ripresa della produzione.
Il quarto punto sottolinea di evitare nel 2020 una nuova chiusura totale delle attività ad agosto: la federazione suggerisce di concertare con le parti sociali un patto per le vacanze attraverso gli strumenti della contrattazione collettiva nazionale o aziendale. Tra le ipotesi ci sono quelle di anticipare le ferie collettive estive (quelle normalmente collocate in agosto) al mese di maggio, o giugno, oppure dare alle aziende la facoltà di ridurre le ferie continuative estive a una sola settimana, rimandando più avanti la fruizione delle ferie "risparmiate".
Quinta ed ultima proposta è quella di consentire maggiore flessibilità nel ricorso al distacco di personale da un'azienda (magari in cui perdura la crisi produttiva) all'altra, in cui la ripresa dell'attività potrebbe richiedere un temporaneo maggior impiego di personale rispetto all'ordinario. Questo perché è possibile che la ripresa delle attività produttive possa presentarsi con forti disomogeneità: a fronte di situazioni di grande tensione produttiva (magari anche solo dovuta alla ricostituzione delle scorte), vi potranno essere contemporaneamente e nel medesimo comparto produttivo altre situazioni di perdurante inattività o crisi aziendali (nella foto, la sede di Confindustria Moda in corso Sempione a Milano).