Il Sunday Times di ieri ha pubblicato un'inchiesta da cui emerge che un fornitore del fashion e-commerce britannico Boohoo stava fabbricando dei capi di abbigliamento, pagando presumibilmente il personale 3,50 sterline l'ora e infrangendo le regole di distanziamento sociale. Non siamo in Asia ma a Leicester, nell'Inghilterra centrale.
Jaswal Fashions, il fornitore sotto accusa, sarebbe stato inoltre attivo anche la scorsa settimana durante il lockdown. A scoprirlo un reporter sotto copertura, che ha trascorso due giorni a lavorare nella fabbrica dove gli è stato detto di aspettarsi 3,50 sterline l'ora, anziché le 8,72 sterline di salario minimo previsto in Gran Bretagna per i 25enni.
Le riprese video, di nascosto, mostrano il confezionamento di capi a marchio Nasty Gal, nel portafoglio di Boohoo, realtà delle vendite online presieduta da Mahmud Kamani (co-fondatore con Carol Kane, attuale executive director) che nell'esercizio fiscale 2020 ha realizzato un aumento dei ricavi del 44% a 1,2 miliardi di sterline, grazie a 14 milioni di consumatori attivi. Gli utili ante imposte sono saliti del 54% a 92,2 milioni di sterline. Il solo Nasty Gal è un marchio da 98,8 milioni di sterline l'anno di fatturato.
Sulla scia dell’inchiesta, le azioni Boohoo nel pomeriggio registrano un calo del 23% alla Borsa di Londra.
Il sito della Bbc oggi riporta che il fashion e-commerce ha avviato delle proprie indagini. Jaswal Fashions non risulterebbe tra i suoi fornitori e se quanto riportato fosse vero, le condizioni sarebbero «del tutto inaccettabili».
Si sa inoltre che pure la National Crime Agency-Nca sta indagando sull'industria tessile di Leicester per accuse di sfruttamento, anche se non si è riferita direttamente a Boohoo. Un portavoce ha riferito che negli ultimi giorni gli ufficiali della Nca, insieme alla polizia del Leicestershire e ad altre agenzie partner, si sono recati in una serie di imprese nella zona di Leicester. Il timore è che si tratti di realtà che praticano la schiavitù moderna e il traffico di esseri umani.