Mentre il mondo si indignava per l'assassinio di
George Floyd, al grido di
#Blacklivesmatter, su
Twitter Greg Glassman (ceo del sistema di fitness
CrossFit, praticato in 13mila palestre nel mondo) andava controcorrente.
In merito a un post dell'
Institute for Health Metrics and Evaluation, che definiva il razzismo «un problema di salute pubblica», Glassman ha dapprima risposto con un secco «It's Floyd-19», inguaiandosi definitivamente con il tweet successivo: «E' stato il vostro modello fallimentare a metterci in quarantena e ora cercate una soluzione al razzismo? Il brutale omicidio di George Floyd ha scatenato rivolte a livello nazionale. Le quarantene sono accompagnate in ogni epoca e sotto tutti i regimi politici da una corrente sotterranea di sospetti, sfiducia e rivolte. Grazie!».
In precedenza l'imprenditore, durante una videoconferenza, aveva ammesso di «non piangere per la morte di Floyd».
Atteggiamenti che hanno scatenato il dissenso di tante persone comuni, ma anche di atleti e brand tra i quali Reebok, che ha voluto prendere le distanze in modo definitivo da Glassman.
Il contratto di sponsorizzazione con CrossFit, in scadenza a fine anno, non sarà rinnovato «alla luce dei recenti eventi - si legge in una nota -. Adempiremo comunque ai rimanenti obblighi contrattuali del 2020. Lo dobbiamo ai concorrenti, ai fan e alla community dei
CrossFit Games». Intanto fioccano le disdette degli atleti, in vista della prossima edizione della competizione.
A nulla sono valse le scuse di Glassman sull'account ufficiale di CrossFit («Ho fatto un errore, non sono razzista
») e circola il sospetto che il tweet incriminato sia stato preso come scusa, non solo da Reebok ma anche da altri partner e affiliati, per troncare i rapporti. Secondo la
Bbc, in poche ore poco meno di 230 palestre statunitensi avrebbero rescisso ogni rapporto con l'azienda di Glassman.
Come riporta
ilpost.it, già tre anni fa CrossFit Inc. - realtà valutata circa 4 milioni di dollari - aveva passato un brutto quarto d'ora in seguito all'esclusione degli atleti transgender dai
CrossFit Games: una decisione che, con un effetto domino in piena regola, aveva provocato dapprima la presa di posizione del movimento
Lgbt, che aveva fatto causa alla società, e poi il licenziamento di un portavoce di CrossFit, colpevole di aver definito «peccatore
» lo stesso movimento.
a.b.