I dati sulla moda femminile

Scenario positivo, ma l'Italia soffre: «Chiusure domenicali da valutare bene»

Nel corso della conferenza stampa di presentazione del Super, oggi 11 settembre a Milano, Raffaello Napoleone, a.d. di Pitti Immagine, ha fatto il punto della situzione sull'andamento della moda donna italiana nel 2017 e nei primi cinque mesi del 2018: «Fatturati, export e valore della produzione crescono, a fronte dei consumi interni in calo. Uno scenario che invita a riflettere sui progetti di Luigi Di Maio, che entro fine anno vuole imporre ai negozi la chiusura domenicale e nei festivi».

 

Come ha spiegato Napoleone, «si tratta di una scelta che va in controtendenza rispetto a cià che accade negli altri Paesi europei». Riferendosi una ricerca effettuata dall'ufficio studi Cgia di Mestre, pubblicata su Libero, Napoleone ha citato gli esempi di Danimarca, dove la percentuale di persone che lavora anche la domenica è del 33,9%, Slovacchia e Paesi Bassi, dove siamo a oltre il 30%, Inghilterra, in cui la percentuale è del 25,5%. In Italia, invece, i numeri scendono, con una quota del 19,5%, quasi al pari con la Francia (19,3%). Cifre ben inferiori rispetto alla media dell'Unione Europea (23,2%).

 

«Non credo - ha detto Napoleone - che le aperture domenicali incidano sui rapporti famigliari. Una chiusura comporterebbe invece un investimento di tempo e denaro superiore sui device digitali. E anche una riduzione dell'occupazione, visto che alcune fonti indicano addirittura di un calo del 40%».

 

«A mio avviso - ha concluso - vanno fatte delle riflessioni sulla produzione di fatturati e di lavoro di ciascun esercizio in base ai comuni e alle zone di ubicazione, sempre attenendosi a una precisa regolamentazione. Certo è che, in questa fase di consumi interni calanti, parliamo di decisioni che vanno prese con molta attenzione» ha concluso l'a.d. di Pitti Immagine, riferendosi alle cifre analizzate nel corso della conferenza stampa.

 

Secondo le stime di Confindustria su dati Istat, Sita Ricerca e indagini interne, nel 2017 la moda femminile, che comprende vestiario esterno, maglieria, camiceria e abbigliamento in pelle, resta caratterizzata da una dinamica di segno positivo, grazie alle performance ottenute oltreconfine. Il turnover ha raggiunto i 13,22 miliardi di euro, in crescita del 2,1% rispetto all'anno precedente, percentuale inferiore rispetto al +3,4% registrato dalla moda maschile».

 

Raffrontando il turnover del 2017 con quello del 2012, ha evidenziato Napoleone, «il fatturato dell'industria della moda femminile è salito da 12,29 miliardi di euro a 13,27 miliardi: una progressione sensibile, di ben un miliardo di euro, segno della forza della nostra industria».

 

Segno più anche per quanto riguarda il valore della produzione (+1,5%) e l'export, che ha superato il muro degli 8 miliardi, con un +3,4%, concorrendo così al 62% del turnover settoriale. L'import torna a evolvere (+0,7%), dopo il -0,6% dell'anno precedente. A fronte dell'andamento dell'import e dell'export, il saldo risulta molto alto, per un valore di 3,89 miliardi di euro.

 

Fra tanta profusione di segni positivi, continua a diminuire invece il dato relativo ai consumi interni, calati del 2,1% a quota 9,9 miliardi di euro, con alcune evidenze piuttosto interessanti: si riduce il sell out delle catene, degli outlet e degli ambulanti, mentre il digitale, che a oggi copre solo il 6,5% del giro di affari, avanza del 4%, anche se in controtendenza rispetto ai tassi a doppia cifra precedenti. Per cui, ha sottolineato Napoleone, «c'è molto da lavorare sul mondo del web e tutti si stanno dando tanto da fare».

 

Di tutta la filiera del tessile-abbigliamento, la moda italiana fa la parte del leone, con un 24,5% del turnover generale del comparto, con il vestiario esterno che copre una quota del 60%, la maglieria del 30%, la camiceria dell'7% e, fanalino di coda, la pelle, con il 2,5%.

 

Secondo i dati Istat a oggi disponibili, nei primi cinque mesi del 2018, il womenswear continua a performare bene sui mercati internazionali, con l'export in avanzamento del 2,3% e l'import che ricomincia a crescere (+6,75).  In particolare, mentre le vendite nel mercato europeo scendono dello 0,6%, fuori dal Vecchio Continente si registra un tasso di sviluppo del 5,5%.

 

Francia, Svizzera e Germania si confermano i primi tre mercati di riferimento, tutti in aumento; gli Stati Uniti, al quarto posto, sono in discesa del 3%. Bene Hong Kong, progredisce il Regno Unito, anche se meno dello scorso anno, e salgono anche Russia e Giappone, mentre la Spagna è scesa sensibilmente a -9,4%.

 

Da segnalare il +39% della Cina: «Aver tolto una percentuale significativa sui dazi, soprattutto sugli accessori - ha dichiato Napoleone - riporterà forse in crescita i consumi in Cina. Bisognerà vedere se questo avrà un impatto sui consumi che vengono fatti in Europa dai cinesi, che sono sempre più in aumento dal punto di vista turistico».

c.me.
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