e-tailer fondato nel 2000 da federico marchetti

Luci e ombre del passaggio del 47,5% di Ynap da Richemont a Farfetch

Già nel novembre dello scorso anno Johann Rupert, presidente del Gruppo Richemont, aveva rivelato di essere in trattative avanzate con il competitor Farfetch per trasformare la controllata Ynap (Yoox Net-A-Porter) in una «piattaforma industriale neutrale». Esattamente un anno prima, nel novembre 2020, era nata l’alleanza del colosso svizzero con Artemis (finanziaria in capo alla famiglia Pinault), Alibaba e Farfetch China, che aveva dato vita alla joint venture Lnr-Luxury New Retail.

Rupert torna ora a parlare di quello che definisce «un sogno elaborato per la prima volta nel 2015», annunciando ufficialmente che Richemont ha siglato un accordo per cedere il 47,5% di Ynap proprio a Farfetch. A Symphony global, veicolo d’investimento di Mohamed Alabbar, a capo della società real estate Emaar di Dubai, andrà invece il 3,2% del retailer. Alabbar acquisterà la partecipazione in Ynap in cambio delle sue azioni nella joint venture con la stessa Ynap nella regione del Golfo, consentendo a quest’ultima di assumere il pieno controllo dell’area.

Un’operazione il cui completamento dovrebbe avvenire entro la fine del 2023, previa approvazione dell’antitrust. Al patron di Farfetch, Josè Neves, l’opzione di procedere a un ulteriore aumento di quote fino al 100% del capitale fra tre e cinque anni dal closing.

Le tappe salienti dell’e-tailer, fondato nel Duemila con il nome di Yoox da Federico Marchetti, sono state il 2009, quando si è quotato in Borsa, e il 2015, anno della fusione con Net-a-porter, controllata di Richemont.

Quest’ultima, già in possesso del 50% del capitale e del 24,97% dei diritti di voto di Ynap, aveva rilevato il restante 75,03% dei diritti di voto nel 2018, in seguito a un’Opa a 38 euro per azione, per un totale di 2,7 miliardi di euro, con conseguente delisting del titolo. Richemont con questa mossa subisce ora una perdita contabile pari a questa cifra.

Inoltre, l’equity value della società era allora di 5,3 miliardi di euro circa, mentre ora viene valutata intorno al miliardo di euro.

Il deal prevede che il player svizzero riceva 53-58,5 milioni di azioni ordinarie Farfetch di classe A, che dovrebbero rappresentare il 10-11% del capitale sociale aziendale. Richemont avrà da Neves altri 251 milioni circa di euro al quinto anniversario del completamento della transazione iniziale.

Ynap diventerà così una società senza debiti finanziari e Richemont metterà a disposizione, per un massimo di 10 anni, una linea di credito committed per ulteriori 452 milioni di euro.

In sintesi, come sottolineano gli analisti, le condizioni di vendita non sono ottimali, perché l'obiettivo di Rupert (integrare Ynap con il suo già ricco e articolato portfolio di marchi dell'alto di gamma) di fatto non si è realizzato. Non a caso, nell'esercizio 2021/2022 la realtà creata da Marchetti aveva incassato una perdita operativa di 210 milioni di euro. Ma Rupert minimizza su questo aspetto: «Siamo di fronte a un passo significativo», dice.

Josè Neves aggiunge: «Si tratta di una svolta epocale non solo per Farfetch e Richemont, ma per l’intera industria del lusso». Tuttavia, solo lo scorso maggio sembrava che l’operazione non sarebbe andata in porto.

A governare Ynap sarà un board composto da sette amministratori (tre per Farfetch, altrettanti per Richemont e uno per Alabbar). L’azienda adotterà le soluzioni della piattaforma Farfetch per passare a un modello di business ibrido e i brand di Richemont usufruiranno delle soluzioni della realtà guidata da Neves per promuovere la loro visione di “luxury new retail”.

Vanno ricordati alcuni recenti deal di Farfetch: tra questi l'accordo strategico con il Neiman Marcus Group e l’acquisizione del beauty retailer Violet Gray, fino alla collaborazione con la società di venture capital Outlier Ventures per il programma di accelerazione Dream Assembly Base Camp, volto a supportare innovative startup del Web3 per il lusso. A metà agosto è stata lanciata una partnership con Salvatore Ferragamo.

Molto dinamismo, dunque, con qualche scricchiolio nel trimestre gennaio-marzo. I ricavi totali del gruppo britannico - il cui business include l’insegna inglese del lusso Browns, oltre a Stadium Goods (marketplace di sneaker e streetwear) e New Guards Group (tra i marchi Off-WhitePalm AngelsAlanui e Ambush) - sono stati pari a 514,8 milioni, in ascesa del 6,1% ma con un netto rallentamento dal +35% di tutto il 2021 (2,3 miliardi di dollari il fatturato totale dell’anno).

L’ebitda adjusted, che era diventato positivo nel terzo e quarto trimestre del precedente esercizio, è tornato negativo fra gennaio e marzo per 35,8 milioni (-19,2 milioni nel primo quarter 2021). Invece l'utile netto, che comprende alcuni benefit non-cash (principalmente plusvalenze su poste detenute a valore equo rimisurate per una cifra di 248,4 milioni), si è attestato a 728,8 milioni, dai 516,7 milioni del primo trimestre 2021.

A cura della redazione
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