Mentre si attende il nuovo provvedimento del Consiglio dei ministri che prorogherà di due settimane il lockdown per il contenimento del contagio, dal basso si leva l'appello del settore moda per arginare le perdite dovute alla paralisi di fabbriche e negozi, con la merce ferma nei magazzini e nessuna garanzia per il futuro.
A muoversi sono stati tutti, da Confindustria Moda a Cmni, da Camera Buyer ad Altagamma, oltre alle showroom con Confcommercio tramite Assomoda.
In particolare, la settimana scorsa alla Regione Lombardia e alle istituzioni competenti è arrivata una lettera firmata da oltre 3mila agenti e distributori di moda, ossia un'importante fetta di un comparto che si compone di oltre 4.500 showroom in Italia, di cui 1.049 in Lombardia, con più di 14mila dipendenti a tempo indeterminato e oltre 6mila contratti di collaborazione.
«Una lettera che finora non ha avuto risposta», scrive al Corriere Economia Francesco Casile, che ha lanciato l'appello a nome dei colleghi, ricordando come la categoria stia vivendo un momento drammatico, in quanto moltissimi clienti e buyer italiani ed esteri hanno annullato gli appuntamenti per la visione delle collezioni autunno-inverno 2020, rimanendo a bocca asciutta in fatto di ordini e accusando un notevole impatto sul fatturato.
«Se non ci sarà un sostegno da parte delle istituzioni la maggior parte di noi dovrà lasciare a casa i propri dipendenti e non potrà far fronte alle incombenze di carattere fiscale», scrive Casile, che rilancia sugli otto punti enucleati per far fronte all'emergenza.
Le richieste contemplano la sospensione della Tari e addizionali regionali per un anno e dei contributi assistenziali e previdenziali fino a fine 2020 (o almeno per sei mesi), la cassa integrazione in deroga anche ad aziende con cinque dipendenti, un contributo sull'affitto degli uffici con una quota a fondo perso e una moratoria sugli affidamenti bancari, con l'azzeramento dei costi e degli interessi.
Inoltre viene richiesto un contributo a fondo perduto sui costi sostenuti per partecipare alle fiere estere ed italiane per il 2020/2021, un contributo una tantum, quantificato a presentazione Unico 2018 o per le società con bilancio certificato al 31 dicembre 2019, per compensare il mancato introito provvigionale o con un credito di imposta.
Tutto questo, ribadisce Francesco Casile, «per poter arrivare a fine 2020 e non dover lasciare a casa del personale» (nella foto, un'immagine della showroom milanese Casile&Casile).