La querelle fra Lvmh e Tiffany, che mette un punto interrogativo sul merger fra i due gruppi, va avanti. Il gioielliere di New York, quotato sul Nyse, risponde all'opposizione presentata dai francesi di Lvmh alla sua mozione di accelerare la causa presso la Corte del Delaware. Lvmh ha chiesto invece che si tenga il processo tra sei o sette mesi.
«L'opposizione di Lvmh alla nostra mozione di accelerazione - afferma il presidente del board Roger Farah - è l'ultimo tentativo di far scadere il tempo, per evitare di adempiere agli obblighi previsti dal contratto di fusione. Se Lvmh avesse fiducia nella sua posizione legale, non avrebbe motivo di opporsi a un programma accelerato del processo». Farah esorta quindi la Corte a tenere il processo secondo un calendario che consentirà una decisione prima della data di scadenza del 24 novembre, prevista nel merger agreement.
Il gruppo americano ritiene che il colosso d’Oltralpe voglia continuare i suoi «sfacciati» sforzi, nel tentativo di evitare di pagare il prezzo concordato per Tiffany (16 miliardi di dollari).
«Tiffany non era in vendita - ricorda Farah - e ha accettato di essere acquisita solo dopo che Lvmh ha aumentato la sua offerta, non richiesta, di cinque volte, fino alla cifra di 135 dollari per azione e ha accettato un contratto ferreo. Per molti mesi il gruppo francese ha colto ogni opportunità per ritardare ed evitare i propri obblighi». Tra queste cita il non aver presentato i documenti antitrust e i reclami inerenti la gestione della pandemia e delle proteste sociali, che però non sono visti come un motivo valido per mettere in discussione la transazione.
C’è di mezzo anche la lettera di consulenza, non vincolante, da parte di un funzionario del governo d'oltralpe, in cui si chiede un ulteriore ritardo nella chiusura. «Tuttavia - sostiene Farah - questa lettera non modifica gli obblighi di Lvmh di chiudere immediatamente al ricevimento delle approvazioni richieste dalla normativa. Le mutevoli spiegazioni di Lvmh indicano malafede nei suoi rapporti con Tiffany e non sono altro che distrazioni intese a nascondere gli sforzi per esaurire il tempo ed evitare di adempiere ai propri obblighi ai sensi dell'accordo di fusione».
«I termini dell'accordo di fusione - prosegue - sono chiarissimi. Lvmh semplicemente non ha il diritto unilaterale di allontanarsi dalla transazione o ridurne il prezzo, solo perché ora soffre di “rimorso del buyer”. Tiffany ha adempiuto a tutti i suoi obblighi e impegni ai sensi dell'accordo di fusione e si aspetta che Lvmh faccia lo stesso. Il cda è unanime nell'assumere il proprio dovere nei confronti degli azionisti seriamente e porteremo in giudizio la questione nei tribunali del Delaware, se Lvmh si rifiuta di adempiere ai suoi obblighi legali».
Tiffany respinge inoltre le accuse di non aver saputo gestire l’attività durante la pandemia e le proteste antirazziste. Il team dirigenziale dice di essere stato un amministratore responsabile e di avere gestito l'attività in modo commercialmente ragionevole e in conformità con tutti i requisiti previsti dal’agreement.
«L'accordo di fusione - precisano gli americani - consente espressamente a Tiffany di continuare a operare indipendentemente da Lvmh e non consente a Lvmh di dettare le operazioni di Tiffany tra la firma e la chiusura. Fare altrimenti sarebbe stata una violazione delle leggi sulla concorrenza. Tuttavia, noi abbiamo fornito aggiornamenti regolari a Lvmh, che avrà il diritto di gestire Tiffany dopo la chiusura della transazione».
«Le accuse di Lvmh riguardanti la cattiva gestione - ribatte il ceo Alessandro Bogliolo - sono false e giuridicamente irrilevanti. Siamo già tornati alla redditività e ci aspettiamo di rimanere redditizi per il saldo dell'anno, con i profitti del quarto trimestre che superano effettivamente quelli del quarto trimestre del 2019».
In merito all’accusa di distribuzione di dividendi sostanziosi in un momento inappropriato, gli americani tengono a precisare che il pagamento dei dividendi trimestrali è richiesto dall'accordo di fusione ed approvato dagli azionisti di Tiffany. «Tiffany – spiegano - ha pagato un dividendo trimestrale per 131 trimestri consecutivi da poco dopo la sua Ipo e non ha mai mancato. Inoltre si trova in una forte posizione di liquidità, con riserve di circa 1,1 miliardi di dollari e un debito netto inferiore a 350 milioni, entrambi al 31 agosto 2020».
Il gruppo dei preziosi fa inoltre sapere di avere iniziato a prepararsi per il contenzioso quando è stato chiaro che il colosso presieduto da Bernard Arnault «stava cercando di esaurire il tempo, per evitare di adempiere ai propri obblighi ai sensi dell'accordo di fusione».
Intorno alle 17 italiane le azioni Tiffany registrano un calo dello 0,7% a New York, al prezzo di 115 dollari per azione, in sintonia con il trend negativo intonato dai i principali indici del mercato azionario americano.