«La velocità di chi cambia il mondo e l'heritage del made in Italy, il saper fare che ha bisogno di tempo e di una formazione decennale: come conciliare questi due aspetti all'interno di un'azienda che sia contemporanea?». Un interrogativo sollevato da Marc Sondermann in occasione del Netcomm Focus. Che ha delle risposte concrete, come hanno spiegato Roberta Benaglia, ceo and founding partner di Style Capital e Alice Carli, a.d. di L'Autre Chose e Alessandro Rizzoli, ceo e co-founder di GetConnected.
«Il tema del made in Italy può essere sfruttato non solo dal punto di vista del contenuto specifico di prodotto di qualità, e quindi di marketing e di comunicazione, ma anche in termini di operation», è la risposta di Roberta Benaglia, a capo di Style Capital: un fondo cui fanno capo i marchi Sundek, forte_ forte e Msgm, che ha appena acquisito una quota di Re/Done - marchio di denim basato a Los Angeles e digital oriented - e che in passato ha portato al successo Golden Goose.
«Abbiamo iniziato con questa logica da Golden Goose - ha raccontato Benaglia - implementando il concetto della limited edition, ossia siamo andati dai department store americani, da Selfridges nel Regno Unito, da Le Bon Marché e Printemps in Francia, a proporre un vero prodotto custom made, forti proprio dell'asset del made in Italy. Chi fa made in China, infatti, ha due problemi enormi: i tempi di consegna e i minimi di produzione. Chi fa made in Italy in casa può realizzare 20 pezzi come li vuole il cliente e averli pronti in un mese dopo. Sfruttando questo vantaggio si riesce a essere molto più competitivi nel mondo digitale».
I risultati sono evidenti, ha sottolineato l'imprenditrice: «Su un prodotto di collezione di norma il sell out prima dei saldi è del 70%, mentre su un articolo custom made si arriva anche al 90-95%. Per questa ragione i department store sono molto interessanti e quindi io cavalco questa logica, perché nel lungo termine avrà un vantaggio competitivo enorme, che vuol dire dare in tempi velocissimi un prodotto customizzato per singolo cliente. Un discorso che sfrutta il canale digitale, per essere veloci, ma che parte dall'artigianalità. Un approccio che abbiamo seguito anche con Msgm».
Per Alice Carli portare la contemporaneità in una realtà legata al made in Italy implica prima di tutto un cambiamento culturale all'interno dell'azienda: «È un approccio che può velocizzare tutte le relazioni tra un dipartimento e l'altro, creando da un lato aree che prima non esistevano come l'omnichannel, che sotto ha il retail, l'e-commerce e il crm, e dall'altro valorizzando reparti come l'It, che fino a cinque anni fa era un ambito molto tecnico, e che oggi diventa strategico per seguire la scia di contemporaneità».
«Sicuramente - ha concluso - cavalcare la contemporaneità è più facile nelle imprese più piccole, che non in quelle grandi. Lo è meno in quelle molto radicate nel made in Italy, ma è comunque possibile, nel momento in cui si inizia ad avere una prima linea che ti segue».
A proposito di mindset all'interno delle aziende, interessante il parere di Alessandro Rizzoli, ceo e co-founder di GetConnected, realtà che si occupa di realizzare soluzioni digitali in grado di creare valore all'interno delle imprese. «Forniamo tecnologia ma non solo - ha puntualizzato -. Quello che vediamo, nei player con fattori abilitanti importanti, è l'organizzazione, ossia le persone. Quindi non parlerei di digital transformation, ma di agyle transformation, ossia quando il tipo di organizzazione dà il potere alle persone di fare i cambiamenti necessari all'interno dell'azienda. Evoluzioni che fanno sì che l'innnovazione cresca in tutti gli aspetti, non solo nella parte digital ma anche nella logistica, nel budgeting, nel marketing e nell'Hr, che sono fondamentali».
In sostanza, ha concluso Rizzoli, è importante aiutare le aziende ad avere un approccio snello, ossia a «utilizzare strumenti per condividere sempre più e creare gruppi multidisciplinari piccoli, che possano lavorare attivamente su dei progetti, e quindi anche essere autonomi nelle decisioni. Non è facile, è un modus operandi che implica un cambio culturale importante. Ma chi segue questa impostazione ha una velocità di risposta più alta».