Parla il general manager

Arnaud Bazin (Lanvin): «Torneremo in utile nel 2023»

«Negli ultimi cinque anni le nostre performance sono state al di sotto delle aspettative»: non usa mezzi termini Arnaud Bazin, general manager di Lanvin, salito a bordo nel settembre 2020 dopo l'uscita di scena nel marzo precedente di Jean-Philippe Hecquet, rimasto in carica per soli 18 mesi.

Ora è il momento di voltare pagina. Intervistato da wwd.com, Bazin - la cui nomina è andata di pari passo con quella di Grace Zhao, chiamata a supervisionare l'Asia Pacifico - fa luce su un turnaround plan che dovrebbe portare la griffe in capo a Fosun a un ritorno alla profittabilità nel 2023.

Come è noto, negli ultimi anni il brand è stato sulle montagne russe, a partire dalla tumultuosa separazione nel 2015 da Alber Elbaz (recentemente scomparso, ndr), fino alla crisi di liquidità del 2018 e al repentino passaggio di mano, nello stesso anno, da Shaw-Lan Wang al gruppo cinese Fosun.

Nel 2019 è stato cooptato come direttore creativo Bruno Sialelli, accolto positivamente dagli addetti ai lavori e dal mercato, ma da questa boccata di ossigeno si è passati direttamente alla doccia gelata della pandemia.

Da notare che, mentre nel 2012 Lanvin aveva toccato il traguardo dei 235 milioni di ricavi, sei anni dopo questi ultimi non andavano oltre i 62 milioni, ossia un quarto della cifra originaria. «Ma la struttura - dice Bazin - non è stata razionalizzata in giusta proporzione. Dobbiamo avere costi in linea con le performance attuali e future».

Una cura dimagrante che prevede il ridimensionamento degli headquarters parigini, il cui organico dovrebbe essere drasticamente ridotto (da 180 a circa 40 persone). In totale i dipendenti di Lanvin sono 250.

Ciò non esclude che vengano creati nuovi posti di lavoro, mentre altri potrebbero evolversi, nel contesto di una generale trasformazione.

I mantra sono efficienza e flessibilità, «grazie a team più piccoli, a un‘impostazione delle attività per progetti, a iniziative di merchandising con i clienti e al marketing».

Si punta a un rafforzamento dell’identità del marchio anche attraverso una comunicazione più smart, volta a far innamorare della griffe fondata da Jeanne Lanvin nel 1885 fasce d’età più giovani, da fidelizzare anche tramite l’e-commerce su piattaforme come Farfetch.

Gli accessori rappresentano un asset da sfruttare meglio: il manager ex Versace e Christian Dior Couture sottolinea che attualmente borse, pelletteria e gioielli contribuiscono al fatturato nell’ordine del 25%, «ma l’obiettivo è portarli al 50%».

Quanto ai mercati, in Cina - dove Lanvin ha sfilato lo scorso ottobre, scegliendo Shanghai come location -, si può fare di più. Il deputy ceo progetta un raddoppio (da sei a 12) dei monomarca in China mainland.

La casa madre Fosun ha recentemente siglato partnership con due realtà dell’e-commerce, Baozun e Activation Group, per incrementare l’engagement dei clienti cinesi del lusso sul canale digitale, presidiato nell’area anche tramite la presenza su Tmall.

In Asia gli store fisici del marchio sono complessivamente dieci, cui se ne aggiungono sei negli Stati Uniti e cinque in Europa. Le vendite si suddividono fifty-fifty tra wholesale e retail, con la prospettiva di avviare in località di villeggiatura francesi, italiane e statunitensi negozi a tempo e installazioni pop up.

Intanto in rue de Faubourg Saint-Honoré proseguono i lavori che porteranno alla fusione dei due negozi uomo e donna. Non mancherà un’area vip, vicino agli uffici di Jeanne Lanvin, che sono stati lasciati intatti da oltre 100 anni a questa parte.

Nella foto da Instagram, un outfit FW 21/22 di Lanvin

A cura della redazione
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