Parla l’a.d. di Moncler

Ruffini: «Il lusso sarà sempre più dei giovani. Questa la direzione con Moncler e Stone Island»

«Avere una visione, anche in un momento difficile come questo in cui è necessario essere super-flessibili». Per Remo Ruffini, a.d. di Moncler, questa visione si traduce in un’idea di futuro in cui il lusso sarà sempre più nelle mani dei giovani e in cui le aziende dovranno rispondere alle loro esigenze. Un percorso già intrapreso con Moncler, che ora proseguirà insieme a Stone Island. La pandemia? «È il momento di accelerare le idee, per trasformarle in opportunità».

«Un periodo di rivoluzione di me stesso e di rivoluzione per la mia azienda»: così Remo Ruffini definisce questa fase in una lunga intervista rilasciata a Maria Silvia Sacchi per L’Economia del Corriere della Sera. Una fase che non è solo legata alla crisi pandemica in corso, ma che è il punto di approdo di un percorso partito da tre-quattro anni.

«In questo periodo ho cercato un posizionamento alternativo perché sentivo che al lusso, come lo abbiamo sempre inteso, mancava sempre più energia. Continuavo a leggere le ricerche, da Bain McKinsey, secondo le quali tra cinque anni il 50% del mercato del lusso sarebbe stato nelle mani di giovani più che ventenni».

Un posizionamento che Ruffini ha rincorso, studiando soluzioni nuove e lanciando il format Genius, e dove sono entrate anche alcune grandi maison, come GucciVuitton con Virgil Abloh Dior. «Siamo in cinque o sei a lavorare in quel modo e con quel consumatore. Dobbiamo migliorarci, ma credo che la strada sia quella».

«Moncler era uno dei nomi più accreditati per essere ceduto ai francesi, a Kering per la precisione, e invece da preda è diventato cacciatore», racconta Ruffini che, coerente con la sua visione, si è messo a cercare un’altra azienda.

Dopo diverse ricerche, l’incontro con Carlo Rivetti ha segnato la svolta: «Di lui mi è piaciuto il rigore gestionale profondo. Per me è fondamentale, perché questo è un mondo dove si rischia di sognare troppo, ma dove alla fine si devono dare dei risultati, specialmente noi che abbiamo azionisti che ogni tre mesi chiedono un resoconto». E poi, aggiunge, Rivetti è un idolo, «il signore che ha portato lo sportswear in Italia».

Ora l’obiettivo di Ruffini è raddoppiare il turnover di Stone Island nei prossimi cinque anni, ma c’è molto di più. «Non ho fretta di fatturare. Ho fretta invece di portare valore alla marca. Vorrei fare con Stone Island quello che ho fatto con Moncler. Se si guardano i numeri è molto simile a noi nel 2010».

Una mission non facile: «Lo scenario è l’opposto del 2010. Una volta vendevi nei tuoi negozi e nei multibrand, oggi hai 12 piattaforme nel mondo, devi parlare a culture diverse e dare un’esperienza, altrimenti non vai da nessuna parte».

Ma non è il momento di stare a guardare: «Quando finirà la pandemia il mondo sarà ancora più cambiato e i consumatori vorranno un approccio completamente diverso e canali diversi. Noi dobbiamo lavorare oggi per essere pronti».

c.me.
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