Una trimestrale peggiore del previsto per Kering, che chiude il primo trimestre del 2020 con ricavi pari a 3,2 miliardi di euro, in calo del 15,4%, con il suo marchio ammiraglio Gucci (da solo vale il 60% del fatturato) penalizzato più duramente rispetto agli altri a causa della sua forte esposizione in Cina - mercato colpito per primo dell'epidemia di coronavirus - e dal relativo rallentamento dei flussi turistici cinesi in giro per il mondo.Nel periodo le vendite di Gucci sono diminuite del 22,4%, o del 23,2% su base like-for-like, scendendo a quota 1,8 miliardi di euro, mentre quelle di Saint Laurent, che fa meno affidamento sulla Cina, si sono ridotte del 13,8%. In controtendenza, Bottega Veneta (nella foto) è riuscita a mettere a segno una crescita del 10,3%, nonostante il lockdown.
Un dato che fa intravedere il potenziale del lavoro portato avanti dallo stilista
Daniel Lee: malgrado l'impasse dell’Asia, il fatturato del marchio è cresciuto a doppia cifra, spinto dal boom del wholesale (+55%), dell’e-commerce - con tassi di incremento a tripla cifra - e soprattutto dai risultati messi a segno in due aree chiave: l'America, in rialzo del 31,3%, e l'Europa (+25,4%), meno condizionate dalla pandemia nella parte iniziale dell’anno.
In termini percentuali, il calo di ricavi è stato sostanzialmente in linea con quello del leader del settore
Lvmh, che la scorsa settimana ha incassato un -15% nel giro d'affari del primo trimestre. Tuttavia, è inferiore alle indicazioni fornite da Kering il mese scorso, quando la stima prevedeva un ribasso del 13%-14%.
E sebbene il gruppo guidato da François-Henri Pinault abbia notato «segnali incoraggianti» nella Cina continentale a marzo, quando la maggior parte dei suoi negozi è stata riaperta, la previsione è che il secondo trimestre sarà fortemente influenzato dalla pandemia di Covid-19, definita da Pinault «senza precedenti».
an.bi.