È un inizio d’anno ancora condizionato dalla pandemia quello di Ratti, che archivia il primo trimestre con un calo dei ricavi del 28% a 16,7 milioni di euro.
La flessione, come spiegano dall’azienda serica comasca, risente della debolezza dei consumi del settore moda-abbigliamento, penalizzato a livello globale dalle stringenti misure di restrizione adottate dai Paesi colpiti dal virus, con conseguente impatto sulla domanda per le aziende che operano a monte della filiera.
I segni meno hanno riguardato tutte le aree di business, tra cui Ratti Luxe (la maggiore), che ha accusato un calo delle vendite del 29% 9,09 milioni, mentre l’area Rainbow, che ha unito il Polo Collezioni e il Polo Fast Fashion dell’azienda (secondo maggiore business per giro d’affari), ha subito una diminuzione del 16,5% a 3,11 milioni.
In Europa (il mercato più importante della società, Italia esclusa) i ricavi sono scesi del 10%, mentre sul mercato interno la contrazione è stata del 28,6%.
Negli Stati Uniti le vendite sono diminuite del 3% e in Giappone del 57%. Sostanzialmente dimezzato l’export negli altri Paesi.
«Nella fase attuale - spiega il management - la clientela della società, principalmente rappresentata dai grandi brand del lusso mondiale, sta registrando una performance positiva delle vendite, che ancora non si riflette sugli attori a monte della filiera».
«Le prospettive per le attività e i risultati - proseguono - continuano a essere plasmate dall’evoluzione della pandemia e dalle relative misure di contenimento».
Aspettando la piena ripresa delle attività, Ratti continua a portare avanti il proprio piano di efficientamento di tutte le voci di spesa, che comprende il ricorso agli ammortizzatori sociali, e prosegue gli investimenti in impianti e tecnologie, «considerati prioritari per il perseguimento degli obiettivi strategici di medio-lungo termine».
Poco prima delle 17 il titolo Ratti è scambiato a 4 euro per azione a Piazza Affari, in rialzo dello 0,75% rispetto alla chiusura di ieri, mentre il Ftse Mib sale dello 0,95%.