All'incontro tenutosi via web lo scorso 30 aprile con i dirigenti della Roberto Cavalli e le istituzioni, i sindacati Femca-Cisl e Filctem-Cgil hanno giudicato inaccettabile l'ipotesi di trasferimento dallo stabilimento di Sesto Fiorentino (nella foto) a Milano emersa all'incontro del 20 aprile scorso con la proprietà, il veicolo d'investimento privato Vision Investments di Hussain Sajwani, al vertice della Damac Properties di Dubai.
«Nell'esprimere l'apprezzamento - si legge in una nota - perché questo giudizio è stato fatto proprio anche dalla Regione e dalle istituzioni, il sindacato vuole ancora una volta chiarire che l'azienda deve rimanere nel nostro territorio. Questo sia per una mancata chiarezza rispetto al piano industriale e soprattutto per il rispetto delle famiglie dei lavoratori e delle lavoratrici che negli anni hanno fatto grande il nome di Cavalli e quello di Firenze nel mondo della moda».
«I nostri distretti - proseguono i sindacati - hanno dimostrato di saper supportare i grandi nomi della moda nello sviluppo, se le idee sono chiare e soprattutto condivise. Per questo abbiamo formalmente richiesto ai rappresentanti dell'azienda di riportare al consiglio di amministrazione la richiesta di riconsiderare la scelta annunciata». Il sindacato intende valutare le decisioni aziendali «con rigore e fermezza, nella speranza che i prossimi passaggi mettano al centro il tema della ripartenza e delle strategie industriali del sito fiorentino».
Sui media locali il sindaco di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi si è detto sconcertato da quanto emerso dall'incontro del 30 aprile. «Corriamo il forte rischio di assistere a 170 licenziamenti mascherati - ha commentato -. A domanda, abbiamo appreso che il piano industriale con la riduzione dei costi del personale è stato definito prima della crisi sanitaria, e tra l'altro mai presentato alle organizzazioni sindacali o alle istituzioni presenti al tavolo di crisi.
«Quella dello spostamento di tutta l'azienda a Milano in tempi rapidi - conclude - è una decisione presentata come unica scelta per il salvataggio, ma che va in evidente controtendenza rispetto ai segnali di crescita della filiera della moda nel nostro territorio. Abbiamo chiesto all'azienda di riconsiderare la sua decisione e sosterremo con forza le organizzazioni sindacali che hanno dato la disponibilità ad avviare un confronto serrato e costruttivo».