Il Covid-19 non ha risparmiato nessuno e ha azzerato qualsiasi progresso fatto prima del diffondersi della pandemia. È quello che è successo al settore della tessitura italiana, avviatosi quest’anno con un primo bimestre piuttosto favorevole, con la produzione industriale della tessitura ortogonale (trama/ordito) in crescita del 4,2% a febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno prima e la produzione industriale della tessitura a maglia con un +0,3% (analisi Centro Studi di Confindustria Moda).
Anche l’export all’inizio dell’anno era migliorato, contenendo il calo, nel primo bimestre, a un -3,7%, mentre l’import aveva frenato al -0,2%.
Quanto al fatturato, il 2019 era stato archiviato con una flessione del 4,9% a 7.555 milioni di euro, e l’export, pur flettendo del 4,3%, aveva comunque contribuito a determinare un saldo attivo della bilancia commerciale di comparto di oltre 2,25 miliardi di euro.
A partire da marzo 2020, però, lo scoppio dell’emergenza Covid-19 in Cina e la diffusione della pandemia nel resto del mondo hanno stravolto lo scenario.
Secondo i dati Istat, nei primi sei mesi del 2020 la produzione industriale della tessitura ortogonale (trama-ordito) ha subito un calo complessivo del -25,1%, mentre quella a maglia ha fatto registrare un -31,7%.
Con la riapertura completa delle attività in maggio, la produzione è rimbalzata rispetto ad aprile, restando però sensibilmente inferiore rispetto al maggio di un anno fa: il calo della tessitura ortogonale è risultata del -14,6% e di quella a maglia del -19,3%.
Un ulteriore deterioramento si è registrato a giugno: l’indice di produzione industriale della tessitura è calato del -31,3% rispetto al giugno 2019, quello della tessitura a maglia del -33%.
Valori negativi si sono registrati nel periodo gennaio-maggio anche per l’export: le nostre esportazioni di tessuti sono infatti diminuite complessivamente del -34,4%, con una flessione maggiore verso i mercati extra-Ue, mentre le importazioni (-24,9%) hanno subito un rallentamento di minore intensità.
I flussi verso Cina e Hong Kong, nei primi cinque mesi del 2020, hanno subito una contrazione rispettivamente del -41,6% e del -51,5% (dato quest’ultimo su cui influisce anche la grave situazione politica interna), mentre gli Usa (-34,7%) si attestano attorno al valore medio del calo.
Sulla base di questi dati parziali, l’area Cina+Hong Kong diventa il terzo mercato di sbocco dei tessuti made in Italy, dopo Germania e Francia. Il mercato tedesco (-25%), in particolare, segna una diminuzione di circa dieci punti inferiore al calo medio, «dovuto alla minore intensità delle misure di lockdown – commenta la nota - adottate dal governo guidato da Angela Merkel».
Il quadro negativo si articola se si prendono in considerazione i dati delle esportazioni dei singoli comparti: i tessuti di lino (-22,4%) e a maglia (-23,9%) sono quelli che registrano il ribasso di minor gravità, seguiti dai tessuti di cotone (-34,5%), di seta (-34,6%), di lana pettinata (-41,4%) e da quelli di lana cardata (-47,2%).
Il saldo della bilancia commerciale nel periodo considerato risulta di circa 500 milioni di euro che, se proiettato su base annua, risulterebbe comunque positivo per circa 1,2 miliardi di euro.
(Nella foto un interno dell’azienda tessile biellese di Botto Giuseppe)