La moda italiana si conferma in prima linea per l'eliminazione delle sostanze chimiche pericolose dalle proprie filiere produttive entro il 2020. Delle 80 aziende segnalate da Greenpeace, che rappresentano il 15% della produzione mondiale in termini di fatturato, 60 sono italiane.
Tra queste sono presenti anche grandi marchi come Valentino, Miroglio e Benetton, oltre a numerose realtà tessili più piccole, la maggior parte proveniente dal distretto tessile di Prato.
A sette anni del lancio della campagna "Detox", Greenpeace traccia un bilancio dei progressi fatti. Dal rapporto "Destination Zero: seven years of Detoxing the clothing industry" emerge che Benetton è tra le aziende di moda che stanno guidando il cambiamento verso l'eliminazione di sostanze chimiche inquinanti dai suoi processi produttivi, insieme a H&M, Inditex e Fast Retailing.
Il primo impatto generato dalla campagna sul settore tessile-moda è stato quello di individuare una lista prioritaria di sostanze chimiche da eliminare dai processi produttivi, sino ad oggi utilizzate per produrre i più comuni capi di abbigliamento.
Si tratta di circa 450 sostanze, classificate in 11 gruppi. Tra gli importanti cambiamenti introdotti nel settore ci sono la trasparenza e la tracciabilità delle filiere. Oggi infatti le aziende impegnate in "Detox" pubblicano le emissioni di sostanze chimiche pericolose nell'ambiente, sia dei propri fornitori che dei sub-fornitori.
Fra gli altri traguardi raggiunti dalla campagna c'è anche la completa eliminazione dei Pfc (composti poli-e per-fluorurati), utilizzati comunemente nei trattamenti idrorepellenti e antimacchia, da parte del 72% dei marchi che aderiscono a "Detox".