Dopo il 2019 chiuso a 239 milioni (+24%)

Stone Island dribbla la crisi: fatturato 2020 stabile e ordini 2021 in crescita

«La Cina ci fa ben sperare». Carlo Rivetti, presidente e direttore creativo di Stone Island ha in mano il report con l’andamento dei ricavi del negozio aperto a Pechino a metà ottobre all'interno della shopping area di Sanlitun. «Nella prima settimana di apertura - dice - abbiamo raggiunto il budget mensile. Già dal primo giorno il negozio è partito alla grande». 

 

In questo scenario la Sportswear Company, a cui fa capo il marchio di abbigliamento maschile, ha confermato tutti i piani di sviluppo e, entro fine 2020, inaugurerà uno shop in shop a Nanjing e uno store a Miami. «Si tratta di uno spazio di quasi 300 metri quadrati su due piani nel design district», racconta Rivetti, che aggiunge: «Per il 2021, a livello di retail, non c'è ancora niente di pianificato, ma siamo sempre a caccia di occasioni e penso che nei prossimi mesi non mancheranno buone opportunità». 

 

Rivetti si augura che, una volta risolto il problema dei contagi, la revenge shopping asiatica possa espandersi anche in Italia e in Europa. L'augurio dell'imprenditore è più rivolto all'intero sistema moda che al business aziendale, visto che Stone Island (che nel 2011 fatturava 53,1 milioni), non si è fermato neppure con il lockdown e prevede di archiviare il 2020 con un fatturato in sostanziale tenuta. 

 

«Non avrei potuto chiedere di più - commenta Rivetti -. Il 2019 si era chiuso con 239 milioni di euro di ricavi, in crescita del 24% sul 2018, e con un ebitda di 73 milioni (+28%), ora la previsione è di toccare i 237 milioni di fatturato nel 2020». 

 

Anche la collezione invernale è partita bene, almeno a giudicare dall'attività sull'e-shop, dove molti capi sono già esauriti. «Il sell out del nostro sito è già al 47%», ammette soddisfatto Rivetti, che alla domanda su quale sia il segreto di questo successo spiega: «Abbiamo consegnato le collezioni con gli stessi tempi di sempre e questo ci ha aiutato molto, specie sul canale wholesale, che per noi resta prioritario (vale il 78% del giro d'affari, ndr) e ha tenuto meglio del retail».

 

«Lo scorso marzo poi - prosegue l'imprenditore - abbiamo deciso di tagliare la produzione di un 20%; eravamo preoccupati e invece non abbiamo avuto neanche un annullamento. Per i nostri clienti siamo una garanzia, merito forse del nostro approccio al prodotto: non abbiamo mai cambiato il nostro dna».

 

Ma i segnali positivi arrivano anche dalla campagna vendita della primavera-estate 2021, che ha registrato un incremento del 12% rispetto alla controstagione. «Non ci sono state categorie merceologiche che hanno fatto meglio - precisa Rivetti -. La crescita è stata omogenea, come accade ormai da un po’. Rispetto al passato abbiano ridotto l’offerta del 20%, ma è un bene: non penso che questi siano momenti per offrire troppa merce».

 

La campagna vendita è stata phygital: i clienti italiani, infatti, sono generalmente andati a fare i loro acquisti nella showroom di Stone Island in via Savona; per i buyer stranieri era invece attiva la showroom virtuale. «che implementeremo con le prossime stagioni - assicura Rivetti - perché quella delle campagne vendite da remoto è una delle novità a cui dovremo abituarci. E, a parte lo shock iniziale, non è detto che sia un male».

 

La forte accelerazione del digitale è un tema caldo per Stone Island anche sul fronte B2C: «il retail online diretto per noi vale il 7%, ma nel corso del 2019 è cresciuto del 37% - conclude Rivetti - e anche quest’anno sta performando alla grande. Da gennaio a oggi segna già +17%».

an.bi.
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