Chiusura costellata di segni più per il primo semestre 2022 di Brunello Cucinelli. Il fatturato netto si è attestato a 415,4 milioni di euro (+32,4% a cambi correnti e +28,3% a cambi costanti), con le Americhe in progress del 52,6%, l’Asia del 27,2%, l’Europa del 20,7% e l’Italia del 19,9%. In particolare il secondo trimestre, come sottolinea una nota, è stato archiviato con la migliore performance del periodo di tutti i tempi.
Determinante il ruolo del retail, +47,1% e con un peso che sale dal 52,7% al 58,6% del sell out, ma anche il wholesale si è difeso bene con un +16%. Le boutique retail sono 117 (dato al 30 giugno scorso), dalle precedenti 112.
L’ebitda ha fatto un balzo del 48,8%, passando da 80,6 a 120 milioni, e ancora meglio è andata alla voce ebit, che con un +128% si è portato da 25,3 a 57,8 milioni. Quanto all’utile netto, l’incremento è stato del 131,4%, da 21,9 a 50,6 milioni.
Come da programmazione triennale, gli investimenti sono stati considerevoli, intorno ai 36,6 milioni di euro dai passati 29,9 milioni. 15,05 milioni sono stati destinati all’acquisizione del 43% del Lanificio Cariaggi, storico fornitore di cashmere della casa di moda.
Positivo e pari a 11,9 milioni il risultato della gestione finanziaria, che invece al 30 giugno 2021 presentava un dato negativo di 6,2 milioni.
Il presidente esecutivo e direttore creativo Brunello Cucinelli non può che dirsi soddisfatto. «Abbiamo chiuso il primo semestre con ottimi risultati - afferma -. Immaginiamo un anno 2022 da record, con un aumento dei ricavi intorno al +15%».
La raccolta degli ordini della SS23 uomo e donna è stata oltre le aspettative «e tutto questo - continua - ci fa pensare a un 2023 con un fatturato in piena crescita del 10%».
«Durante la pandemia - riflette Cucinelli - le aziende del nostro Paese, grazie agli ammortizzatori sociali e a sagge e umanistiche scelte imprenditoriali, sono riuscite in linea generale a non licenziare il proprio personale, preservando la produzione e commercializzazione dei loro manufatti. Oggi ci pare che per certi prodotti la domanda superi senza dubbio l’offerta: ciò significa che noi italiani, popolo di grandi manifatturieri di qualità, siamo diventati migliori nel realizzare beni di alta qualità e, di conseguenza, a esportarli. Non vi è dubbio che un dollaro forte porti grandi vantaggi all’esportazione».
Rispetto al 2019 la guidance di crescita dell’azienda umbra rappresenta un incremento di circa il 35% per l’intero 2022, con un +30% atteso per il secondo semestre sempre in rapporto alla fase pre-pandemica.