In soli tre anni Seay, brand di abbigliamento sostenibile e beachwear a basso impatto ambientale, ha tagliato traguardi importanti, grazie all'unicità del suo modello di business basato sull'uso di tessuti certificati Gots, Grs e Oeko-tex 100, una catena di approvvigionamento cortissima - per il 90% localizzata in Veneto -, una distribuzione carbon neutral, un packaging organico e compostabile e l'innovativo Modello Re3 (Re-use, Re-sell, Re-generate). Il tutto senza tralasciare l'immagine, fresca, dinamica ed energetica.
Se la nascita del Modello Re3, cui è stata dedicata una realtà a se stante (la Re3 Srl Società Benefit), risale al 2020, la certificazione B Corp è arrivata a fine 2021, quando Seay ha ottenuto il punteggio più alto per una B Corp legata al tessile in Italia, rientrando nel 5% delle B Corp a migliore impatto mondiale per due delle cinque aree valutate da questa certificazione, ossia Ambiente e Governance.
La distribuzione tocca un centinaio di punti vendita fisici, oltre a e-tailer come Yoox e Postalmarket, senza contare tre “cabane” aperte nel marzo scorso in luoghi dove si praticano sport che ispirano la filosofia del marchio: nel Veneto Cable Park di Resana (Treviso), presso Spark a Vicenza e da Wakeparadise a Montichiari, nel bresciano.
Il 60% dei clienti online e il 30% di quelli che acquistano i capi Seay nei negozi fisici sono stati conquistati dal Modello Re3. Ma di cosa si tratta esattamente? «È un sistema che permette di estendere il ciclo di vita degli indumenti usati - risponde Alberto Bressan, co-fondatore insieme a Simone Scodellaro - attraverso il riutilizzo, donandoli anche a persone in difficoltà (da qui la parola Re-use), la rivendita come second hand (Re-sell) o la rigenerazione tessile (Re-generate), in base alle condizioni estetiche e funzionali».
Un esempio di trasparenza «che consente ai clienti di ottenere uno sconto immediato del 20% sull’acquisto di un nuovo modello Seay e di tracciare grazie un QR Code come sono stati impiegati i capi consegnati». «Ci piace definirci greener than green - aggiunge il giovane imprenditore - perché in questo modo riduciamo a meno del 5% lo scarto dell’usato tessile».