Con la presentazione della collezione estate 2019 durante la fashion week di Parigi Cesare Paciotti ha avviato un nuovo corso, semplificando il logo, che diventa Paciotti, e dando un twist inedito alla collezione. «Vogliamo focalizzare l'attenzione sull'azienda, puntando a un pubblico più cool e moderno», racconta l'a.d. Marco Calcinaro.
«Per far fronte al futuro il brand deve essere più diretto e riconducibile a un mondo in modo chiaro e preciso», spiega Calcinaro, figlio di Paola Paciotti, sorella del fondatore e presidente Cesare, e responsabile della supervisione amministrativa dell'azienda.
Dopo gli anni della crisi, l'impresa marchigiana guarda al futuro con più serenità, forte anche della fiducia accordata dai fornitori. Dopo che nel febbraio del 2016 il tribunale di Macerata aveva respinto la richiesta di concordato preventivo, l'azienda ha fatto ricorso infatti all'articolo 182 bis della legge fallimentare, che prevede la presentazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori, che rappresentino almeno il 60% dei debiti dell'azienda. Nel caso di Paciotti, l'adesione è stata superiore al 90%.
«Senza l’aiuto dei nostri fornitori, che hanno creduto in noi, e senza la nostra storia non saremmo riusciti a venirne fuori così bene - sottolinea Calcinaro -. Sono stati anni molto complicati, che però ci hanno fortificato e ci hanno fatto prendere coscienza degli errori commessi. Abbiamo analizzato tutti i processi uno per uno e solo così abbiamo potuto capire cosa c’era che non andava».
«Sicuramente - prosegue - la congiuntura di quegli anni non ci ha aiutati ma non poteva essere l’unico motivo. Coprirsi dietro “la crisi” senza ammettere i propri errori sarebbe stato deleterio».
Ora è il momento di fare leva su se stessi: «Paciotti non è solo un marchio ma uno stile e un modo di vivere, di esprimersi, di vedere la moda. Solo continuando a trasmettere questi valori potremo essere credibili verso il mercato».
In questo percorso di rinnovamento le linee proposte restano le stesse, ossia Paciotti e Paciotti 4us, ma la proposta a livello di collezioni è molto più fluida e diretta. «Cerchiamo di essere più chiari rispetto al nostro target. Non si può avere la pretesa di piacere a tutti», racconta Calcinaro.
Il percorso non contempla ansie da prestazione sul fronte dei numeri, che nel 2018 resteranno stabili, a quota 25 milioni di euro di turnover, escluso il retail. Retail che oggi per Paciotti vuol dire negozi diretti a Milano, Londra e Miami, cui si aggiungono otto vetrine in franchising negli Emirati Arabi, quattro nell’Europa dell’Est tra Bulgaria, Russia e Paesi Balcanici e cinque in Oriente, tra Cina e Corea.
Il mercato principale anche in virtù della presenza di punti vendita diretti è ancora l’Italia, con il 38% delle vendite, seguita da Europa Orientale (30%), Moa (14%), Europa Occidentale (8%), Apac (6%) e America (4%). «La scommessa sarà sicuramente lo sviluppo dell’America che, con questa nuova linfa di prodotto, dovrebbe portare degli ottimi risultati», annuncia Calcinaro.
Tra le scommesse c'è anche l'e-commerce, che l'a.d. affronta con consapevolezza: «L’online è un canale fondamentale, che aiuta molto in termini di distribuzione e di marginalità ma allo stesso tempo è costoso - sottolinea Calcinaro -. È un errore pensare che pubblicare prodotti in Internet equivalga a venderli. Si tratta di progetti che necessitano di promozione tanto quanto, se non di più, di qualsiasi altro canale. Nel mondo del lusso il canale dell’e-commerce pesa di media dal 3% al 7%, tranne qualche caso, e noi ci attestiamo all’8%: direi che siamo in media».