Tra le note dolenti i prezzi

Muji non corre più. E cerca un antidoto all'impasse

Dopo un decennio di espansione continua si arresta la corsa di Muji. Il brand giapponese di abbigliamento, arredamento, cosmetici e accessori per il viaggio si trova a dovere affrontare un momento di impasse, dovuto in primo luogo ai prezzi troppo alti dei prodotti negli store oltreconfine. Listini su cui incidono i costi tassazioni e tariffe dell'export.

 

Come riferisce Bloomberg, lo scorso aprile la casa madre, Ryohin Keikaku Co., ha registrato il primo calo dell'utile operativo nell'arco di otto anni e un outlook finanziario al di sotto delle aspettative degli analisti, accompagnato da una caduta delle vendite "same-store" in Cina.

 

Il presidente del gruppo, Satoru Matsuzaki, getta acqua sul fuoco: «Prevedo che entro il 2030 ci saranno negozi di Muji in quasi tutte le maggiori città del mondo - ha dichiarato in un'intervista -. Per questo abbiamo bisogno di rompere gli schemi e fare tante cose».

 

Matsusaki ha dedicato la sua carriera all'apertura di negozi di Muji dalla Cina al Kuwait e spera di far crescere l'insegna a livello globale, senza tradire la sua filosofia di partenza, che consiste nell'offerta di prodotti semplici, pratici e di qualità, a prezzi convenienti. Non a caso la parola Muji è l'abbreviazione di una frase giapponese che significa "prodotti di qualità no-brand".

 

Purtroppo sono proprio i prezzi la nota dolente. Fuori dai confini del Giappone, infatti, i listini del retailer crescono a causa di tassazioni e tariffe e perdono quella che dovrebbe essere una delle loro prerogative. In Cina, addirittura, i prodotti di Muji sono copiati da fabbriche locali che vendono i fake a prezzi molto più bassi.

 

La sfida, dunque, consiste nel rimanere fedeli ai presupposti di partenza, garantendo prezzi davvero accessibili in tutto il mondo.

 

Per fare questo Muji aumenterà la produzione di articoli nei singoli Paesi di destinazione: il prossimo anno, per esempio, l'azienda distribuirà oltre 200 prodotti made in India nei i suoi negozi in loco. In Cina ha inaugurato il suo primo development office lo scorso settembre, con addetti incaricati di monitorare i trend locali.

 

Non tutto comunque sarà glocalizzato. L'insegna continuerà per esempio a produrre i cosmetici in Giappone, perché la garanzia delle materie prime di qualità è parte dell'allure del marchio.

 

Nato nel 1980 come private label della catena di supermercati Saiku, Muji ha messo il turbo negli anni Duemila, con balzi nelle vendite e aperture di monomarca e con il fatturato al raddoppio a quota 400 miliardi di yen, pari a 3,3 miliardi di euro. I negozi all'estero rappresentano il 40% del turnover.

 

Nei quattro anni al timone dell'insegna, Matsuzaki Ryohin ha promosso molti nuovi progetti, a partire dagli hotel a marchio Muji per proseguire con le case Muji-designed, dando slancio ai nuovi mercati come India e Svizzera.

c.me.
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