Pvh ha deciso di cedere i brand della divisione Heritage ad Authentic Brands Group, che si aggiudica così le label Izod, Van Heusen, Arrow e Geoffrey Beene con un'operazione da 220 milioni di dollari. Il gruppo intende infatti concentrarsi sul core business, rappresentato da Tommy Hilfiger e Calvin Klein.
Il deal dovrebbe essere finalizzato nel terzo trimestre dell’anno in corso ed è soggetto alle abituali condizioni di chiusura.
«Si tratta di una decisione difficile, poiché la divisione Heritage Brands ha fornito le risorse che hanno permesso di gettare le basi per trasformare Pvh in una delle più grandi aziende di moda nel mondo di oggi», è il commento di Stefan Larsson, ceo del gruppo americano (nella foto).
«Negli ultimi anni – prosegue - abbiamo ottimizzato in modo proattivo l’attività di Heritage Brands, concentrandoci allo stesso tempo sullo stanziamento di risorse mirate a business più redditizi, per massimizzare il valore per gli azionisti. Riteniamo che Abg sia ben posizionata per sviluppare questi marchi e investire nel loro successo futuro».
«È emozionante dare il benvenuto nel nostro portafoglio agli storici Heritage Brands - dichiara Jamie Salter, fondatore, presidente e ceo di Abg -. Intendiamo sfruttare la nostra rete globale di partner e le competenze nello sviluppo dei marchi per continuare il buon lavoro svolto da Pvh nella creazione di un'attività di licenze sostenibile per questi brand».
L’accordo segna un’altra sfida importante per Salter, che ha conquistato realtà come Barneys New York, Forever 21, Brooks Brothers e molte altre.
Pvh continuerà a detenere e gestire le attività legate all’ intimo e all’underwear, capitanate da Warner, e il business camicie e cravatte. Centric Brands e United Legwear & Apparel Company gestiranno su licenza parti delle attività di Izod, Van Heusen e Arrow.
Il piano strategico di Larsson punta ad aumentare la rilevanza dei marchi, acquisire quote di mercato redditizie e rafforzare le capacità della propria piattaforma.
Il manager ha dichiarato che il gruppo sta anche diventando «più demand e data-driven», per creare valore «in un modo più sistematico e ripetibile».