Un’analisi dell’area studi di Mediobanca

Dopo stagioni in corsa (+20%), la moda italiana rallenterà il passo nel 2023 (+8%)

Dopo la forte accelerazione dei due anni post-pandemia, la progressione del mondo della moda è destinata a rallentare nel 2023. Lo mette in luce un’analisi dell’Area Studi di Mediobanca, che ha preso in esame le 152 realtà della moda al top con sede e con un fatturato individuale sopra ai 100 milioni di euro.

Secondo i dati di preconsuntivo, il 2022 si è chiuso con un giro d'affari di 82 miliardi di euro, in crescita del 20% sul 2021 e del 21% sul 2019 pre-pandemia. A trainare i ricavi è stato l’export, in salita del 24% sul 2021, mentre gli investimenti dovrebbero salire del 35%.

Sulla scia di questi risultati, il 2023 è atteso ancora in crescita, ma con un ritmo rallentato (+8%), percentuale che porterebbe i top player della moda italiana a sfiorare i 90 miliardi di euro, in un contesto che vede i tassi di interesse andare normalizzandosi verso l’alto e le tensioni inflazionistiche in calo, mentre si evidenziano segnali di ripresa dei consumi, con la Cina che dovrebbe tornare a essere una leva determinante per la crescita.

Come evidenzia lo studio, già nel 2021 i ricavi si erano portati oltre i livelli pre-crisi, a quota 68,6 miliardi di euro (+32,7% sul 2020), superando dello 0,9% i livelli pre-pandemici, con il fatturato estero cresciuto del +35,7% rispetto al +28,7% di quello nazionale.

A dimostrare maggiore reattività erano stati i produttori di alta gamma rispetto a quelli del mass market, che avevano superato dell’1,1% i livelli del 2019, mentre quelli della fascia più economica si erano attestati al di sotto dei livelli pre-pandemia (-3,6%).

In particolare, le medie imprese a controllo italiano hanno evidenziato una ripresa più marcata (+6,6% sul 2019) rispetto alle grandi (-1,7%) e a quelle a controllo estero (+3,3%).

Nel 2021 le prime 20 aziende sulle 152 analizzate hanno totalizzato da sole più della metà del fatturato aggregato.

A guidare la classifica, al primo posto per ricavi figura il gruppo Prada, che con 3,4 miliardi di euro ha preceduto Luxottica Group con 3,2 miliardi e Calzedonia holding con 2,5 miliardi. A seguire Moncler Giorgio Armani con un turnover di 2 miliardi ciascuno. 

Per quanto riguarda la redditività, l’ebit margin è sceso dal 12,1% del 2019 al 10,6% del 2021 dopo l’impatto dirompente della crisi, quando si era fermato al 4,5%.

In particolare il settore pelli, cuoio e calzature ha ottenuto i margini più soddisfacenti (15,7%), seguito dall’occhialeria (12,3%), ma solo abbigliamento e gioielleria hanno migliorato i margini nel triennio, superando i livelli pre-crisi.

I prodotti di alta qualità continuano a premiare la redditività, con l’alta gamma che ha chiuso il 2021 con un ebit margin del 10,8%, +46% rispetto ai valori dei produttori mass market (7,4%). Al primo posto in questo caso c’è Fendi (32,8%), davanti a Renato Corti (29,5%) e Gingi (29,2%, principale marchio Elisabetta Franchi).

Nel 2021 gli investimenti sono saliti del 46,4% sul 2020, superando dell’8,9% i livelli pre-crisi (330 milioni in più sul 2019). Fra le aziende produttive, nel comparto della gioielleria la crescita è stata anche più consistente (+189,1%).

I player della moda, inoltre, hanno consolidato in queste stagioni la propria struttura finanziaria, con i produttori di occhiali, abbigliamento e tessuti che sono i più capitalizzati. A livello aggregato la liquidità passa dal 38,6% dei debiti finanziari nel 2019 al 55,3% nel 2021.

Come mette in luce l’analisi di Mediobanca, la moda italiana ha ancora poca familiarità con la Borsa: solo il 17,5% del fatturato aggregato (12 miliardi di euro) è prodotto dalle 11 società quotate del panel, ossia Aeffe, Basicnet, Brunello Cucinelli, Lir-Geox, Moncler, Ovs, Piquadro, Prada (quotata a Hong Kong), Safilo Group, Salvatore Ferragamo e Tod’s. È esclusa la Ermenegildo Zegna che ha sede in Olanda. L’82,5% (56,6 miliardi di euro) del giro di affari del panel analizzato è generato invece dalle 141 non quotate.

Dopo la crescita del 29,4% del dicembre 2021 sul 2020, la capitalizzazione a fine 2022 chiude in flessione (-14,4% sul 2021), a quota 37,6 miliardi di euro, ossia il 5,3% del valore dell’industria della Borsa Italiana, esclusa Prada, mentre in questo inizio di anno si evidenzia una ripresa (+15,8% a metà febbraio 2023).

Al 15 febbraio 2023 il primo posto in Borsa è di Prada (15,9 miliardi di euro), Moncler (€15,7) e Brunello Cucinelli (€5,5mld). Seguono Salvatore Ferragamo (3 miliardi), Tod’s (1,2miliardi). Sotto il miliardo di euro tutte le altre società del panel.

In media il 26,5% della forza lavoro delle maggiori aziende della moda ha meno di 30 anni; il più alto numero di giovani è impiegato nelle imprese non quotate (40,1%) e in quelle più grandi (31,9%), con la maggioranza dei dipendenti che lavora a tempo indeterminato (84,6%) e il ricorso al part-time in media pari al 13,4% dei contratti.

In particolare la presenza femminile cala con l'aumentare del livello di responsabilità: la quota di donne sul totale della forza lavoro è mediamente pari al 69,5%, ma scende al 35,7% nei ruoli direttivi e al 22,6% a livello di board.

Lo studio ha analizzato anche i bilanci di sostenibilità del 2021 delle aziende del panel, da cui emerge la crescente attenzione alle tematiche Esg. In media diminuiscono le emissioni di Co2 e i rifiuti prodotti, mentre salgono il ricorso alle fonti rinnovabili e la quota di rifiuti riciclati.

Per quanto riguarda la supply chain, i bilanci di sostenibilità mettino in evidenza che che i fornitori dei maggiori player italiani della moda sono mediamente localizzati per il 56% in Italia, per il 30% in Asia, per l’11% nel resto dell’Europa, per il 2% in Africa e per il restante 1% nelle Americhe.

Il ricorso a terzisti italiani è maggiore per le aziende di alta gamma (80%) che premiano una strategia di maggiore qualità e prossimità, mentre le società che producono articoli di livello più economico dialogano soprattutto con fornitori asiatici (58%).

Nella foto, un outfit di Prada della Fall-Winter 2023-2024

A cura della redazione
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