Due settimane dopo l’avvio della Fase 2 si tirano le prime somme. L’82% delle Pmi sono ripartite, ma per il 28% di queste resta elevato il rischio di chiudere definitivamente a causa delle difficili condizioni di mercato, dell'eccesso di tasse e burocrazia, della carenza di liquidità. È quanto emerge da un sondaggio svolto da Confcommercio in collaborazione con Swg.
Sono in tutto quasi 800mila le realtà del commercio e dei servizi che hanno rialzato la saracinesca: il 94% nel settore abbigliamento e calzature, l'86% in altre attività del commercio e dei servizi e solo il 73% dei bar e ristoranti. Oltre la metà delle imprese che hanno riaperto stima una perdita di ricavi che va dal 50% fino ad oltre il 70%.
«Gli imprenditori hanno la volontà di riaprire nonostante le difficoltà, ma c’è il rischio di una tempesta perfetta: da una parte i pesanti costi della Fase2 e le poche entrate, dall’altra una crisi di liquidità che persiste e si aggrava e che richiede che le misure previste dal Decreto Rilancio siano attuate al più presto», ha dichiarato Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio.
E precisa: «Serve meno burocrazia e un’accelerazione delle iniziative anticrisi, dalla quale dipende la ripartenza dell’economia e il futuro del nostro Paese».
Dall’autovalutazione degli imprenditori intervistati sul giro d'affari, rivela il sondaggio, già nella prima settimana la media dei giudizi era largamente al di sotto della sufficienza. Timori confermati nei sette giorni successivi: il 68% dichiara che i ricavi delle prime due settimane sono inferiori alle attese, considerando aspettative già piuttosto basse.
Per oltre il 60% del campione la stima delle perdite di ricavo rispetto ai periodi ''normali'' è superiore al 50%, con un aumento dei giudizi negativi alla voce bar e ristorazione, dove si riscontrano perdite anche fino al 70%.
Solo due quinti delle micro-imprese ha degli addetti e, quindi, solo queste realtà avrebbero avuto necessità della Cig in deroga.
Specularmente il ricorso a ulteriori prestiti è prevedibilmente piuttosto ridotto. Le imprese di minori dimensioni, avendo perso per oltre due mesi quasi il 100% del fatturato, non hanno interesse a contrarre ulteriori prestiti che andrebbero ripagati con un reddito futuro la cui formazione appare oggi molto incerta.
Tra le misure di sostegno ottenute, evidenzia la ricerca, il 44% delle imprese ha beneficiato di indennizzi, come il bonus di 600 euro, ma è ancora molto bassa la percentuale di chi ha ottenuto prestiti garantiti o fruito della cassa integrazione.
I dati elativi a un pool di micro-imprese, fino a nove addetti, segnalano come sia senz'altro positivo il fatto che le aperture crescano dalla prima alla seconda settimana, ma non rassicura, invece, il fatto che il 18% delle realtà che potevano riaprire non l'abbia ancora fatto; percentuale che si porta al 27% nella sfera bar-ristorazione. A incidere sulla mancata riapertura ci sono soprattutto le procedure di adeguamento dei locali ai protocolli di sicurezza sanitaria.