Un recente emendamento del governo alla Legge di Bilancio 2022 esclude le imprese del made in Italy dall'ambito di applicazione del Patent Box, ossia l'agevolazione fiscale ai beni intangibili: una mossa criticata da Altagamma, associazione che riunisce oltre 100 brand dell'alto di gamma italiano, che ora esorta l'esecutivo a rivedere le proprie decisioni.
«Questo intervento sfavorisce le aziende del made in Italy nella misura in cui non contempla nell’incentivo i marchi e il know how, riconoscendo solo i brevetti industriali - si legge in una nota -. Fondazione Altagamma fa appello al governo per rivedere al più presto il perimetro di azione della disciplina e chiede a gran voce un tavolo di confronto con il ministro dello Sviluppo Economico e l’Agenzia delle Entrate».
In particolare Matteo Lunelli (nella foto), presidente di Altagamma, sottolinea che «la manovra si traduce in una frenata invalidante per i marchi dell’alto di gamma, nel momento in cui si vedono i primi segnali di ripresa. Non dimentichiamo che questi brand, oltre a essere ambasciatori dell’ingegno italiano nel mondo, sono al vertice di filiere ed ecosistemi creativi radicati sui territori e rappresentano un traino fondamentale per l’economia del Paese».
L'emendamento, secondo Lunelli, mette a rischio la competitività di queste realtà sul mercato globale, «penalizzando attività cruciali come la ricerca e lo sviluppo. È un duro colpo per il nostro settore, legato non solo ai beni materiali da esso realizzati ma anche al patrimonio immateriale legato ai propri marchi, al know how e allo sviluppo di nuovi prodotti».
Il presidente di Altagamma parla di un «disconoscimento del valore degli elementi intangibili dei brand made in Italy, che costituisce un vantaggio competitivo inestimabile per i marchi italiani, in quanto costruito nel tempo non solo attraverso investimenti consistenti ma anche con una cura significativa dei valori di marca».
Lunelli ricorda che il provvedimento va a colpire «un'industria che è ambasciatrice del nostro sistema Paese nel mondo e sta affrontando sfide epocali - tecnologiche, digitali, di reshoring, di sostenibilità - sui mercati internazionali, dove si confronta con competitor di dimensioni straordinariamente più grandi».
Un comparto, conclude, «che vale 126 miliardi di euro, fornisce un contributo al Pil del 7,4% (percentuale che sale al 18,4%, considerando il totale delle filiere di riferimento) e coinvolge 1.922.000 occupati, diretti e indiretti, pari all’8,2% dell’occupazione italiana».