2mila clienti multimarca sparsi in 50 Paesi, un giro d’affari che nel 2022 raggiungerà i 60 milioni di euro (erano 30 nel 2018). In più la certificazione BCorp, primo marchio della moda italiano a ottenerlo. Tutto in dieci anni. La view di Save the Duck è stata premiata dai numeri ma Nicolas Bargi, che nel 2012 ha fondato il marchio di piumini 100% animal free, immagina per l’azienda una crescita ulteriore: «Puntiamo a raddoppiare le vendite nei prossimi tre anni, ma sono convinto - dice l’imprenditore a fashionmagazine.it - che l’obiettivo di raggiungere mezzo miliardo di fatturato nei prossimi dieci anni sia alla nostra portata».
La base da cui partire sono gli investimenti in distribuzione e sostenibilità: Save The Duck ha appena aperto nuovi headquarters e showroom a New York per presidiare al meglio un mercato che vale già il 30% del fatturato.
«Abbiamo raggiunto questo risultato - fa il punto Bargi - lavorando praticamente con tutti i grandi department store e con 300 specialty store, ma finalmente è arrivato il momento di valutare l’espansione retail. Nel 2022 pensiamo di fare un test inaugurando un temporary a New York».
Al focus sugli Usa si affianca il continuo percorso verso la sostenibilità, che vede Save The Duck rinnovare alcune partnership strategiche «come quella con WildAid, con cui abbiano già collaborato per la SS22 e grazie alla quale abbiamo scelto di proteggere cinque nuove specie con la stagione FW 22/23», racconta l’imprenditore, commentando le novità delle prossime collezioni invernali presentare nello stand di Pitti Uomo a Firenze.
Proseguono anche le collaborazioni con il brand brit
Mackintosh e con il designer
Edward Crutchley, avviate con l’estivo. Nel primo caso, a contraddistinguere la colab sono i principi dell’eco-design, con capi dalle linee pulite e timeless, mentre nel secondo la collezione presenta uno stile agender per una reale inclusività. «Eco-design e genderless - aggiunge Bargi - sono due aspetti che caratterizzeranno sempre più le nostre collezioni a cui si stanno avvicinando sempre più giovani e questo ci incoraggia».
Bargi si dice soddisfatto del posizionamento del brand - «Siamo un marchio considerato premiun ed entry luxury e lì vogliamo rimanere» - e dei risultati raccolti fin qui: i 48 milioni raggiunti nel 2021 segnano un +37% sui dati del 2020, che era stato un anno di crescita sul 2019».
Un incremento a cui ha contribuito anche l’e-commerce, al raddoppio nel 2021 (e arrivato a incidere sulle entrate per l’8%), ma caratterizzata ancora dal wholesale.
«Un canale, il wholesale - conclude Bargi - a cui non vogliamo rinunciare. Le aperture retail ci saranno, ma non più di una o due l’anno. In Italia, che resta il nostro primo mercato, i negozi multimarca rappresentano il 90% del nostro business. Per questo vogliamo valorizzare il rapporto con i dettaglianti: siamo soci di un sistema e ci prendiamo cura di loro. Come? Per prima cosa riconoscendogli margini congrui».
an.bi.