Ceo roundtable on corporate innovation

Scabbia Guerrini (Vf): «L'innovazione guida la danza del consumatore»

Design, innovazione, rivoluzione digitale: l'evoluzione delle aziende passa per una visione tridimensionale, in cui la tecnologia non deve lasciare indietro la forza e la propositività del brand. Una sorta di danza in cui è l'azienda a guidare, ma il consumatore deve avere un ruolo sempre più attivo. Questa l'experience raccontata da Martino Scabbia Guerrini, group president Emea di Vf International, alla Ceo Roundtable on Corporate Innovation.

 

11,8 miliardi di dollari di fatturato nel 2017, con 40% delle vendite fuori dagli Usa, cinque marchi che superano il miliardo di dollari di fatturato come Vans, The North Face, Timberland, Lee e Wrangler, Vf Corporation è una realtà molto più avanti rispetto alle aziende italiane in fatto di tecnologia. Un player che ha visto il digital crescere del 25% lo scorso esercizio fiscale, con una media di 4 ordini al minuto, 439 milioni di minuti spesi dai consumatori sul web, con un totale di 5 milioni di clienti registrati.

 

Scabbia Guerrini ha messo in evidenza le logiche che hanno guidato il percorso di digitalizzazione compiuto negli ultimi anni dalla multinazionale americana, di cui guida la divisione Emea dagli headquarters di Stabio, dove lavorano quasi mille dipententi, in arrivo da 35 nazionalità e sotto i 30 anni di età.

 

«Trasformazione digitale, organizzazione culturale e asset dei marchi: sono questi i tre i punti fondamentali per affrontare il cambiamento», ha esordito. Portare la cultura digitale ha significato in primis riorganizzare l'azienda: «Cinque anni fa questo tipo di narrativa non esisteva - ha chiarito -. Basti pensare che nell'ultimo anno circa la metà delle persone assunte in Europa, e sono centinaia, hanno titoli e funzioni che tre o quattro anni fa non esistevano».

 

Quattro anni fa l'azienda ha compiuto una scelta importante, dando vita a due strutture centrali per tutti i marchi: una dedicata all'e-commerce dei brand e una per la gestione delle piattaforme esterne. Due poli di eccellenza in grado di creare un cambiamento culturale nel modo di lavorare attraverso tutti i marchi.

 

Tra le scelte importati, a livello organizzativo, c'è stata la partnership con le piattaforme: «Cinque anni fa abbiamo avviato una liaison profonda con Zalando, di cui siamo tra i primi tre clienti e loro ci hanno insegnato moltissimo in fatto di velocità e di trasparenza», ha raccontato Scabbia Guerrini.

 

Ma non c'è tecnologia che tenga, senza l'attenzione al design e all'innovazione, per far sì che tutti i marchi producano contenuti ed esclusività a un ritmo totalmente diverso: «Da anni non abbiamo più stagionalità nel lancio dei prodotti, perché abbiamo un flusso continuo nell'offerta, a livello di proposte, contenuti, colab», ha sottolineato l'executive.

 

Innovare il prodotto, ha proseguito, vuol dire lavorare da un lato sulla performance e dell'altro sulle colab. «Lo scorso anno con dieci marchi attivi in Europa abbiamo fatto circa 100 collaborazioni: una chance importantissima per creare nuovi contenuti e avere risposte veloci per canali specifici. E per continuare a danzare con il consumatore, in una coreografia in cui è l'azienda che deve guidare, ma lasciando anche che il consumatore abbia un ruolo sempre più attivo».

 

Con ben 150 persone che lavorano sull'e-commerce e sulle partnership con le piattaforme, Vf mette sempre più al centro l'innovazione: non a caso ogni sei mesi organizza un evento digital interno di due giorni, al quale partecipano persone che vengono da realtà come Google, Facebook, Instagram, per parlare di cultura e di cambiamento.

 

«Al nostro enorme database si aggiungono ogni giorno 5mila nuovi consumatori, con una mole di mezzo milione di mail inviate al giorno», ha rivelato Scabbia Guerrini. Un processo inarrestabile, che però non deve rischiare di lasciare indietro il retail fisico, oggi rappresentato da 1.500 negozi al mondo e 150 vetrine in Italia, tra dirette e in franchising.

 

«Abbiamo una responsabilità nel fisico e dobbiamo reinventarlo con una visione olistica, che unisca brick and mortar e digitale - è la ricetta proposta dal manager -. I negozi devono essere palcoscenici in cui le persone che lavorano abbiano capacità di empatia, emozione e interazione, affinché la conversion possa aumentare».

 

In un contesto così cambiato, evolve anche la visione manageriale legata all'evoluzione tecnologica. Per questo in Vf c'è stato uno shift ai vertici, che oggi vede la chief digital officer, Velia Carboni, sovrintendere a tre aree, il tradizionale It, che non è più una funzione separata, l'area che lavora sull'innovazione digitale e le piattaforme di business.

 

«Si ribalta l'approccio - ha chiarito Scabbia Guerrini -. Una volta la tecnologia guidava i sistemi, oggi deve pensare a come colpire il consumatore e poi entrare nell'infrastruttura».  

 

La fortuna, per Vf, è avere un portafoglio ampio di marchi, che consentono di fare sperimentazione: «Ci sono etichette come Eastpak, che in futuro ci permetteranno di non avere più lo store fisico, le showroom e i campionari, per cui l'iter diventerà digitale dall'inizio alla fine», ha annunciato il group president Emea della multinazionale.

 

«Più che di trasformazione digitale si può parlare forse di change management», ha fatto notare Marc Sondermann, direttore di Fashion e di eBusiness e moderatore del convegno. Un processo che richiede trasparenza e chiarezza sulle strategie e che passa anche per il reverse mentoring, che vuol dire ascoltare e fare tesoro delle conoscenze dei giovani in fatto di digital e di tecnologia».

 

«La nostra è un'azienda moderna e aperta - ha precisato Scabbia Guerrini -. Ho 8mila collaboratori in Europa, cerco di essere molto vicino alla parte operativa o di gestione dei marchi e delle piattaforme, quindi il contatto è quotidiano. Ho dovuto capire e fare scelte diverse, per cavalcare il cambiamento».

 

La cosa fondamentale è comunque non lasciare indietro la forza dei marchi per portare avanti solo quella della tecnologia, ha concluso: «Oggi non si parla più di lusso, sportswear o outdoor. Si parla di brand con una narrativa forte, che siano sempre rilevanti per l'agenda globale dei consumatori nuovi, del tutto cambiata. Il digitale può avere un impatto incredibile perché velocizza la conversazione come mai prima. Basta non avere paura di mettersi in gioco».

c.me.
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