Struttura e organizzazione

Con il recente proliferare dei canali di distribuzione e di comunicazione, moltiplicati per una moltitudine di mercati con annesse geografie e culture, la complessità dei modelli di business del made in Italy è cresciuta a dismisura. A questo aumento del perimetro aziendale non ha corrisposto, però, una speculare evoluzione nella gestione delle risorse umane, nonché di adeguati sistemi informativi. Vi è stata, sì, una strisciante professionalizzazione e digitalizzazione in molteplici reparti, dal campionario alla vendita in showroom, passando dalla generazione degli asset di branding alla stessa vendita via e-commerce, marketplace o flash sale. Il quadro d’insieme è tuttavia ancora spesso caratterizzato da nicchie di competenza, legate a una modalità di collaborazione artigianale, con supporti informatici incompleti, dove l’assoluta avanguardia del front end si appaia a una certa obsolescenza della base (ERP in primis) su cui tutto è costruito. In un momento in cui mercati turbolenti premiano l’agilità, tutto ciò non favorisce il posizionamento competitivo dei nostri player di stazza media. Anziché concentrarsi sui tre fattori che creano valore - l’internazionalizzazione, il direct-to-consumer e la trasformazione digitale -, le nostre aziende si barcamenano tra accrocchi e compromessi vetusti. Per poter spiccare il volo come il nostro settore meriterebbe, sempre più desiderato a livello globale com’è, va messo un po’ di ordine in questa pittoresca prassi di gestire l’impresa. Il momento è propizio: l’esigenza di puntare su formazione, managerializzazione e fitness digitale è ampiamente diffusa e non mancano esperti e iniziative interessanti, come dimostrano le diverse inchieste inserite in questo numero di Fashion, dedicate al ricambio generazionale (pag. 18), al recruiting (pag. 22) e alle piattaforme più innovative (pag. 35). I mercati sono però diventati spietati e non perdonano. Essere grandi e organizzati è un asset molto importante in tempi di incertezza e di repentini scossoni. Nell’alto di gamma chi riesce, in virtù della propria impeccabile orchestrazione tra immagine, prodotto e punto vendita, a far passare l’idea di eccellenza totale, continua a segnare crescite e utili da capogiro. I nostri player avrebbero le carte in regola per annoverarsi in questa illustre schiera. Vi sono però dei compiti da affrontare con urgenza. Solo ciò che si sa fare bene va fatto in casa. E i sistemi devono essere all’altezza delle proprie capacità: né troppo mastodontici, né troppo caserecci. Per il resto esistono partner che possono dare una grande mano. Come gli investitori finanziari, parte sempre più integrante di una partita in cui non possiamo lasciare i mercati chiavi in mano a Lvmh e Kering. Urge monetizzare l’italianità. Ma urge anche diventare adulti.

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