Herno, marchio di outerwear da 155 milioni di ricavi l’anno (nella foto, una proposta per la prossima primavera-estate), aderisce allo standard internazionale
Fur Free Retailer, impegnandosi a non utilizzare e commercializzare pellicce di animali. Lo stop inizierà dalle collezioni per l’autunno-inverno 2023/2024, come era già stato preannunciato a
fashionmagazine.it in occasione dello scorso
Pitti Uomo.
«La moda ha sempre più bisogno di brand virtuosi che compiano scelte positive per la salvaguardia dell’ambiente e degli animali, anche in una concreta attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’
Agenda Onu 2030 - dichiara
Simone Pavesi, responsabile
Lav Area Moda Animal Free -. I consumatori sono sempre più informati e sensibilizzati sullo sfruttamento degli animali e la rinuncia alla pelliccia animale è il primo traguardo che una azienda della moda responsabile e consapevole deve compiere, per continuare a essere leader nel proprio settore».
«Facciamo un plauso a Herno, per essersi formalmente impegnato a non utilizzare vere pellicce animali in futuro - aggiunge
Joh Vinding, presidente dalla
Fur Free Alliance (unione di oltre 50 organizzazioni per la protezione degli animali)-. Data la schiacciante evidenza di pratiche disumane nell'industria della pelliccia e la disponibilità di così tante opzioni diverse, per tessuti caldi e alla moda, brand come Herno riconoscono che non c'è futuro per la pelliccia».
Con Herno la lista dei marchi italiani fur free si allunga di anno in anno. Nel 2022 è stata la volta di
Dolce & Gabbana e
Moncler. A precederli, tra gli altri,
Prada,
Valentino,
Gucci,
Bottega Veneta,
Versace e
Giorgio Armani (quest'ultimo già anti-pelliccia dal 2016).
Dal primo gennaio 2022, dopo una lunga battaglia della Lav, in Italia non saranno più allevati animali per ricavarne la pelliccia. Secondo l’
Associazione Italiana Pellicceria-Aip il divieto ha cancellato un pezzo di made in Italy e un intero settore produttivo.
Secondo stime che circolano sul web la produzione di pellicce animali in Ue è crollata dai 38 milioni di capi del 2018 ai circa 11 milioni del 2021.
e.f.