il settore sconta la crisi con cali a doppia cifra

Pelletteria: la vittoria di Biden sarebbe una buona notizia per il made in Italy

In occasione dell'Assemblea dei Soci, Assopellettieri ha fatto il punto sul settore e ha organizzato online una sessione pubblica aperta sul tema Covid 19, elezioni americane e commercio internazionale, quale futuro? con gli interventi di Alan Friedman, giornalista e scrittore, e di tre portavoce dei principali distretti pellettieri. Moderatore Matteo Minà.

I primi sei mesi dell'anno per i settori pelletteria e concia italiani sono, come prevedibile, da dimenticare: l'export è calato del 30,6% in valore (4,55 miliardi di euro, contro i 6,55 miliardi del gennaio-giugno 2019), con flessioni simili tra la pelletteria - che pesa per oltre il 70% sull'aggregato complessivo - e le pelli conciate.

Tutte le regioni esportatrici hanno assistito a riduzioni a doppia cifra: tra le prime cinque (nell'ordine Toscana, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Marche), che coprono insieme il 93,7% del totale export semestrale, solo il Veneto è riuscito a contenere la diminuzione al di sotto del 20% (-18,9%). Ad attenuare la caduta il +56,5%, da 208,7 a 327 milioni di euro, dei flussi diretti in Svizzera, senza il quale il Veneto avrebbe dovuto fare i conti con un -31,3%.

I cali sono stati del 38% per la Toscana, penalizzata anche in Svizzera (-51,3%), senza contare lo scivolone del 37,8% negli Usa e il -28,2% in Germania, del -38,6% per le Marche - con un tonfo del 47% nel distretto di Macerata - e del 27% per Lombardia ed Emilia-Romagna.

Una boccata di ossigeno per la Lombardia è arrivata dalla Corea del Sud (+5,3%). In generale, per i cinque distretti l'import si è ridotto del 25,7% in valore.

In base ai dati Istat, nei mesi estivi la produzione industriale pellettiera ha registrato livelli di attività ancora decisamente sotto la norma. Dopo che a maggio, con la riapertura delle fabbriche, l'indice relativo ad articoli da viaggio e pelletteria aveva incassato un -50,7%, seguito da un -37,3% a giugno, l'andamento di luglio e agosto è stato contraddistinto da un -30%. Il cumulato dei primi otto mesi del 2020 mostra un arretramento dell'indice pari a un -41,9%.

Debole la domanda interna, solo in parte trainata dall'e-commerce. Va però detto che l'indice Istat sulle vendite al dettaglio di Pelletteria e Calzature ha rilevato ad agosto un -0,4%, vicino ai livelli del 2019.

Resta tuttavia il peso delle vendite in discesa di oltre il 35% a maggio e del 17% a giugno e luglio, con un cumulato dei primi otto mesi nell'ordine del -26,7%. L'assenza o quasi dei turisti ha pesato moltissimo.

Uno sguardo al commercio estero di luglio evidenzia cali in valore oltre il 20% rispetto a un anno prima, sia per le esportazioni che per le importazioni.

Da notare che da gennaio a luglio l'export della pelletteria è tornato su livelli dei primi sette mesi del 2017, indietreggiando del 29,1% in valore e del 23,9% in chili e bruciando repentinamente gran parte del marcato incremento (+58% in valore) del triennio 2016-2019.

Le vendite estere si sono quasi dimezzate a maggio, recuperando qualche posizione a giugno (-20%) e luglio (-22%). Tornando ai primi sette mesi, le borse sono arretrate del 24,6% in valore, le valigie del 27%, le cinture del 41% e la piccola pelletteria del 38%.

Tra i primi 25 Paesi di sbocco solo la Corea del Sud ha tenuto (+0,9% in valore, dopo un exploit del +77% in tre anni), insieme alla Polonia (+14,4%). Gli Usa sono arretrati del 35% sia in valore che in volume e la Svizzera del 40%. L'Ue a 27 ha segnato un -17,3% in valore, con un -23% in Germania, che si conferma comunque il primo mercato per la pelletteria italiana. Peggio ancora è andata in Austria (-42,5%) e in Spagna (-38%).

In area extra-Ue si nota un complessivo -32,4% in valore, con il Far East a -24% esclusa la Corea del Sud, Hong Kong a -43%, la Cina a -24%, il Giappone a -26%. A Singapore le nostre esportazioni si sono praticamente dimezzate. Male Russia (-26,5%), Emirati (-34%) e Canada (-23%). Il Regno Unito si è "limitato" a un -13%.

Ancora tra gennaio e luglio l'import di pelletteria è stato in frenata del 21%, per un valore di 1,6 miliardi di euro. La Cina è scesa del 30,7%, pur confermandosi prima fornitrice per volumi con quasi il 55% del totale, e solo Francia e Germania sono cresciute.

Il saldo commerciale, pur mantenendosi ampiamente in attivo per 2,8 miliardi di euro, ha subito una contrazione del 33%.

Forte la preoccupazione per la tenuta del tessuto produttivo, in un comparto nel quale il 70% delle imprese non va oltre i cinque addetti.

L'impatto della crisi è stato finora mitigato dagli ammortizzatori sociali, con l'autorizzazione nei primi nove mesi dell'anno di ben 56 milioni di ore (+885%, erano 5,7 milioni nei primi tre trimestri 2019) di Cig. Il secondo trimestre, in particolare, ha assistito a un'impennata del 1.757% di ore erogate, con un +2.871% in aprile. Nel 2009, anno di recessione mondiale, non si andava al di là di 23,1 milioni di ore.

Le cifre riguardanti la nati-mortalità aziendale per ora non riflettono le conseguenze della caduta dei livelli di attività. Secondo Infocamere Movimprese, a fine giugno risulta un saldo negativo per 69 unità nel numero di aziende attive della pelletteria in confronto con fine dicembre, tra industria e artigianato, pari a un -1,5%.

Dati destinati a peggiorare notevolmente nei prossimi mesi, quando cominceranno a essere conteggiate nei registri camerali le realtà che non ce l'hanno fatta.

Ora che gli occhi sono puntati sulle presidenziali negli Stati Uniti, l'intervento di Alan Friedman ha fatto luce su questo grande mercato. La probabile elezione di Joe Biden potrebbe essere una buona notizia per il made in Italy, non essendo Biden un protezionista, a differenza di Trump.

«Gli States - ha detto Friedman - potrebbero tornare a essere un partner più affidabile e aperto». Un'occasione da cogliere, facendo tesoro del valore dell'artigianalità, ma in parallelo affilando le armi nelle strategie di internazionalizzazione.











a.b.
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