Brand dal forte dna che si proiettano nel futuro con nuovi presupposti, partner tecnologici che li affiancano nel sempre più complesso scenario omnichannel: il secondo panel della nostra Ceo Roundtable ha messo a confronto Ennio Fontana (general manager di Roberto Cavalli), Sergio Azzolari (general manager di Hogan e Fay), Mario Davalli (country manager Southern Europe di Cegid) e Guido Mengoni (cmo & partner di Temera).
Il direttore e ceo di Fashion, Marc Sondermann, ha chiesto a Ennio Fontana come un marchio tra i più "festaioli" e sexy si stia evolvendo in base alle mutate esigenze del mercato. «Cavalli non ha mai perso, né perderà il proprio sex appeal - ha esordito Fontana -. La sfida è portarlo dove non è mai stato prima, connotandolo come prodotto non solo per la sera e le occasioni ma anche per la quotidianità, non solo della donna ma anche dell'uomo, un segmento in crescita, e dei giovani».
Oltre che sul prodotto, la strategia di Cavalli si concentra sulla distribuzione: «L'omnichannel è fondamentale, e non a caso abbiamo istituito un team ad hoc, così come il retail, un canale che stiamo arricchendo con un imminente opening a Miami, diverse operazioni sui fronti dos e franchising in Europa e, non ultimo, il rinnovamento del flagship in via Montenapoleone - ha proseguito Fontana -. Non dimentichiamo, tuttavia, che il wholesale è la Champions League della moda: se funzioni nei multibrand, funzioni ovunque».
Fausto Puglisi, anima creativa della griffe da un anno, «è la persona giusta, al momento giusto e al posto giusto», ha sottolineato il manager, soffermandosi inoltre sulle seconde linee, «che in passato hanno presentato prodotti che teoricamente rientravano appieno nella prima linea, tra cui denim, sneaker e felpe. Riportarle in casa ci permetterà di coprire fasce prima sottratte alla main collection, gestendo tutto internamente. Anche perché, per esempio, le scarpe sportive, che un tempo rappresentavano una quota relativamente bassa del business, oggi sono centrali soprattutto in ambito maschile e in aree come l'Asia, dove si aprono opportunità interessanti nel menswear».
A proposito di sneaker, Hogan ha legato il proprio successo a questa mercelogia, ma sta facendo molto di più. «Siamo nel pieno di una Hogan Journey - ha precisato Sergio Azzolari - che porta questo marchio bellissimo, ma associato abitualmente a un solo prodotto e pertanto divisivo ("Hogan sì, Hogan no") a diventare l'emblema di un lifestyle che parte dalle iconiche scarpe sportive». «Essere parente stretto di Tod's - ha continuato l'executive - rappresenta per Hogan un vantaggio, ma il rischio che abbiamo voluto evitare è considerarlo il cugino o il fratello minore». Pioniere nell'espansione su mercati come la Cina, approcciata per la prima volta 15 anni fa, il brand è sempre più consumer-centrico: questo lo ha aiutato nello sviluppo dell'e-commerce e, per esteso, dell'omnichannel. «Ormai la conversion viene monitorata su tutta la linea - ha osservato Azzolari -. Retail, vendite online e anche gli outlet, componenti di un ecosistema che deve essere credibile per il consumatore. L'importante è sempre dosare le forze, non farsi prendere la mano e capire che parlare a tanta gente in minor tempo, come accade con il digitale, è un'arma che va usata con criterio e con una gestione quotidiana».
Mario Davalli di Cegid (leader nelle soluzioni di business management per la trasformazione digitale e omnicanale del retail specializzato, fashion e luxury) si è riallacciato all'importanza di essere vicini al consumatore, offrendogli un servizio di qualità superiore in cui il ruolo dell'addetto alla vendita, evoluto e multitasking, è centrale. «La tecnologia - ha detto - deve essere a disposizione dei sales assistant per fornire loro tutte le informazioni relative al cliente finale. Obiettivo, portare a casa la transazione. Essere omnichannel è un obbligo, come dimostra una statistica che evidenzia un -13% a livello di nuovi clienti e un -10% di profittabilità per chi resta indietro». Non possono esserci "buchi" o perdite di tempo nella comunicazione con chi entra in negozio: «Se non trova un prodotto in boutique, il sales assistant deve sapergli fornire la disponibilità in un altro punto vendita o farglielo recapitare velocemente a casa». La tecnologia è diventata «banale», secondo Davalli, nel senso che permette di "leggere" il cliente e le sue abitudini con la massima facilità e trasparenza. La pandemia, da questo punto di vista, ha fatto da acceleratore: «Ho visto una foto - ha concluso il manager - in cui si mettevano a confronto l'immagine di una favela e quella di una città modernamente organizzata. Diciamo che prima il negozio era mediamente una favela e ora ha fatto un salto di qualità, grazie al lavoro congiunto nostro e delle aziende, che hanno rimesso mano al proprio piano regolatore informatico e all'architettura dei dati».
Ultime battute con Guido Mengoni di Temera. «Millennials e Gen Z sono un nuovo pubblico - ha puntualizzato - a cui proporre i prodotti in modo innovativo dopo che la pandemia ha ribaltato l'interazione di questi ultimi con l'utente finale. Come promotori della tecnologia Nfc diamo una digital voice al prodotto stesso, mettendolo in contatto con il consumatore finale, con un focus su sostenibilità e tracciabilità». Non a caso, il motto di Temera è Let The Product Do The Talking. La piattaforma dell'azienda toscana, specializzata in innovation & technology, «è in grado di integrare la blockchain, permettendo a un marchio di essere trasparente, come oggi viene richiesto, soprattutto in tema di second hand, made in e provenienza delle materie prime». Recente, a questo proposito, il lancio di t!Care, strumento sulla tracciabilità a monte della filiera. L'integrazione nella blockchain di Aura Consortium, la prima del lusso a livello globale, «è già live per un brand - ha informato il manager - e sta per completarsi con altri due, di cui uno leader nell'alto di gamma. In quest'ottica rientrano anche i progetti insieme a Everledger e a Luxochain». Con Luxochain, Var Group e Pwc Arcangelo d'Onofrio, a capo di Temera, ha fondato due anni fa Virgo: una soluzione integrata per tracciare la catena di valore e l'autenticità dei beni di lusso, dall'acquisizione delle materie prime ai passaggi di proprietà sul mercato second-hand.